Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Solus ad solam
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• 15 settembre 1908 – martedì.

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15 settembre 1908martedì.

Bisogno di aria, di sole, di respirare il vento salso, di fiutare l'odore della résina, di consolare gli occhi e l'anima con la vista delle cose pure e semplici e innocue...

Qui tutto mi opprime, tutto mi morde, tutto mi avvelena...

Di buon mattino corro verso Viareggio, per la via di Lucca. Passo a traverso la città di Prato, città della mia chiusa adolescenza, risaluto il nido marmoreo sospeso all'angolo del Duomo.

Chi mi renderà la bella forza crudele a cui debbo le mie vittorie? La tenerezza e la pie mi hanno ammollito. Il mio bene non è più in me stesso ma fuori di me, in un altro essere; e sono omai alla mercé dell'evento oscuro.

Non più posseggo, ma sono posseduto.

Habere non haberi. Ecco che la sentenza giovenile non ha più valore per me; né più mi vale la risposta di Castruccio.

Profumo della Versilia, fatto di pini, d'acque incanalate, di ginepri, di cuora, di alghe, qual profondità tu davi al mio respiro! Lunghe giornate di lavoro in cui non avevo se non una sola angoscia ma divina: l'angoscia della sovrabbondanza, l'ansia di scegliere fra troppe ricchezze! Ebrezza del cervello, ebrezza delle ossa e dei muscoli! Galoppi furibondi su la sabbia elastica ove erano le tracce delicate dell'onda ritratta, delicate come le righe dentro le fauci dei miei levrieri! Malinconia, malinconia ardente e maschia, sorella della voluttà feconda!

Tutto è lontano dal misero schiavo ch'io son divenuto.

Mi son disteso su la sabbia; ho guardato le Alpi dentro di me; ho masticato un grano di résina. Né ho dimenticato la mia miseria.

A sera ho veduto il triplice baleno del Faro.

Son ripartito nella notte, per la via di Pisa.

La luna è apparsa in cima ai boschi di Migliarino.

Di continuo, con una fissità terribile, ho rivissuto la notte di San Gimignano: la discesa pel colle, le parole oscuramente minacciose del marito, la nostra temerità sprezzante, tutto quel sogno notturno che non ha eguali se non nella notte di Brescia e nella notte di Giovi.

Sono giunto dinanzi alla casa verso le tre, passando per la via Cherubini. Le persiane erano chiuse. La via era deserta.

Ho preso due altri mazzi di ciclamini; sono uscito a piedi; son venuto a posarli sul davanzale taciturno.

La luna era alta: illuminava ancóra la faccia dell'Estate negli ultimi sonni.


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