Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Solus ad solam
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• 29 settembre – martedì.

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29 settembremartedì.

Acre ed arida giornata ieri; sera d'inerte disgusto, come sopra un vascello scosso da un lento rullio, nel fetore della sentina, per un mare nerastro; notte di sogni mostruosi, risveglio torpido, cupa stanchezza della prima ora.

Di fuori odo il martello del maniscalco che ferra i miei cavalli. La mattina è azzurra. L'aria invita ai profondi respiri.

È il penultimo giorno di settembre.

Ho sperato fino a oggi in non so quale virtù di questo mese che fu propizio al nostro amore.

Ho pensato: «Stamani il dottore mi racconta che, al nominare del mio nome, d'un tratto ella è scoppiata in un gran pianto...»

Vado in cerca del dottore. La malata ha dormito un sonno lungo e tranquillo; ma – secondo il consueto – si mostra più agitata nel risveglio.

Non piange al nominare del mio nome, ma si adira e inveisce. L'odio persiste. Ella crede che io sia tutto intento a raccogliere i documenti per nuocerle e che il dottore sia uno strumento docile nelle mie mani malefiche.

Le fu comperata una giacca di lana che non le sta addosso! Ella fa l'atto di donarla all'inserviente.

Ripenso a quel delizioso abito bianco che ella si provò, nel chiostro verde, con una gioia infantile, mentre io, sfiorando col respiro quel che più abbagliante splendeva dalla nivea scollatura, le baciavo il solco delle spalle e la sentivo rabbrividire.


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