Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Solus ad solam
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• 30 settembre – mercoledì.

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30 settembremercoledì.

Ultimo giorno di settembre! mi sembra che porti l'ultima speranza nel suo cielo di perla. Non so che pie si diffonde su le cose. Anche stamani, su per i muri graffiti, le rose bianche ripetevano il gesto di Amaranta verso il triste cavaliere.

– Ti ricordi, mia anima, ti ricordi, mia carne, quando ella veniva verso di te, come l'aprile, col suo viso fatto di una rosa?

E ti ricordi di quelle parole?

Nel profumo d'un solo amore,

nell'amore d'una sola rosa! –

Com'è bello il mattino, e com'è lento!

Che fa la reclusa? Con qual nuovo furore esce dal suo sonno?

Quando i suoi occhi di smalto s'empiranno finalmente di lacrime vive?

E perché il suo Dio non impedisce con un miracolo il miracolo terribile per cui quel che ieri fu adorato è oggi odiato?

Ho visto il dottore. Al primo sguardo, ho letto nel suo viso quel ch'egli era per dirmi: e il cuore s'è richiuso.

Iersera egli tentò di condurla fuori, all'aria aperta. Pareva ch'ella consentisse; si vestì, si mise il cappello, trovò un mantello di sua madre, trovò anche un velo. Ma, come il dottore aprì la porta, ella indietreggiò. A forza di persuasione, dopo quasi un'ora d'indugio, egli riuscì a farle discendere gli scalini e raggiungere la vettura. Sfortunatamente, quand'ella poneva il piede sul predellino, il cocchiere si voltò. Al vedere il viso dell'uomo sconosciuto, ella fu assalita da un nuovo terrore; e tornò indietro, e fu irremovibile.

Ha però dormito lungamente, con l'aiuto del farmaco.

Stamani le condizioni appaiono più gravi. Il delirio s'inalza. Il travaglio delle idee fisse è più fiero. E il corpo è esausto.

Intanto il padre prolunga la sua assenza. La crudele clausura è infrangibile. E io sono condannato a questa inerzia più estenuante di qualunque lotta.

Piccola dolce, mia piccola Giusini, risvégliati! Basta che tu mi chiami; e il mio amore riacquista tutti i diritti e tutti gli ardimenti. Nòmina il mio nome, il nome che ti fu tanto caro; e io supero tutti gli ostacoli, giungo fino a te, ti strappo all'ombra lugubre, ti porto nella salvezza e nella luce.

È sera. Salgo alla colombaia. Gli assiòli non più si lamentano. Tutto è silenzio immobile. Soltanto da Rovezzano sale un rumore continuo e misurato come il ritmo d'un cuore metallico. L'aria è vitrea. Ma la città sembra che ansi sotto una plumbea cappa, il cui sommo è arroventato.

Dalla tua prigione vedi la falce della luna – il primo quarto – quella che tu chiamavi la lunetta e che guardavi con uno sguardo superstizioso?

«Novilunio di settembre

Ti ricordi di quella mia melodia che un giorno cullò la tua tenerezza accorata?

Or è un anno, la sorte – che oggi è tanto perversa – ci preparava i giorni felici. Io era per compiere l'opera d'oro e di ferro che dovevo posare su le tue ginocchia perfette. Tu mi apprestavi la stanza verde che, come tutte le nostre stanze verdi, doveva contenere le ricchezze dello spirito e dei sensi.

Vendemmia! Vendemmia di poesia e di sangue! Avemmo anche noi il nostro tino; e i piedi dell'Amore furono su noi come i piedi della pantera.

Verserò una goccia d'ambra sul guanciale, per dormire con te.


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