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del proscritto invitto
Lascio raccogliere i miei discorsi romani in cui è disegnata e preparata l’azione che oggi conduco e che condurrò sino al termine prefisso.
Sono documenti di perfetta unità interiore, cioè di stile.
Non ho da togliere una parola né da mutare una cadenza. Il mio giudizio degli uomini e delle sorti è confermato. E, se niuno fu mai profeta in patria, io sono in patria profeta.
Dell’aver molto parlato ho, davanti a me medesimo, fatto ammenda con l’aver molto operato.
Volli la guerra, e la guerra feci senza respiro. Avendo incitato il popolo alla nuova lotta, ho preso nella nuova lotta il posto più pericoloso.
Nessuno me lo toglierà. Come fui capo nella battaglia, sarò capo nella piazza e in qualunque altro luogo.
Preferisco la più cupa sciagura all’onta di una Italia dove ogni giorno è derisa e repressa la voce generosa della martire Fiume ed è riconosciuto su per i muri il «sacrosanto diritto» dei fuggiaschi di Caporetto e dei disertori di tutte le trincee rifatti dall’amnistia regia integerrimi cittadini.
Più d’una volta ho forzato la mia Patria: talvolta con la mia arte e talvolta con la mia volontà: arte e volontà di vittoria. Se ella finalmente mi soffocasse sul suo petto, al battito del mio cuore mi riconoscerebbe come il figlio più devoto.
Niente ella può senza passione. E io non voglio se non eccitare la sua passione. Et quid volo nisi ut ardeat?
Una gente, come quella che mi ha creato, ha tanta più possa di ascendere quanta più passione si addensa negli elementi vitali che per diversità e per contrasto costituiscono la sua natura verace.
Non si tratta di avanzare verso il benessere ma verso la grandezza. Anche la fame e la discordia possono essere artefici della grandezza futura.
Una novità divina fermenta nella massa di tutte le infezioni. Io la sento, la conosco e la rivelo. Molti la sentono e l’attendono. Molti la sentono e la temono.
E tutti soffriamo.
Più caro è il figlio generato con più spasimi e con più gridi?
La matrice che non sanguina è sterile.
Intanto io persevero e preservo la mia azione, pur contro i miei stessi partigiani; ché in tutti i partigiani anche fidi è la smania nascosta o mal dissimulata di vincolare il capo.
Sul camino d’una mia casa vecchia era scritto: Chi ’l tenerà legato?
Distrutta è la casa, ma sopravvive lo spirito indocile dell’elemento.
Ieri, davanti al Carnaro che si infoscava, dissi ai miei compagni: «Ora comincia il bello.»
E nel mio silenzio pensai: «Tocca a me solo.»
Fiume d’Italia: 9 novembre 1919.