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Parole dette per commiato al popolo di Roma nella piazza delle terme la sera del xxviii maggio mcmxix |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
la sera del xxviii maggio mcmxix
è un dono d’anima questo che voi mi fate, oggi come il quattro di maggio.
L’altra volta vi dissi: «È un dono senza limite e senza peso, che mi vale per l’eternità.»
Era un’ora d’orgoglio, era un’ora d’ebrezza. Era la vostra ora generosa, o voi che aveste sempre tutte le generosità e tutte le pazienze. In questo medesimo luogo voi impartivate la più larga delle assoluzioni a chi, per chiedervi forza, ritornava da quel turpe banco di usure dove aveva miseramente annientato il sacrifizio d’Italia nella sua vanità di putta, civettando a tutti gli smacchi e a tutti i soprusi.
Il popolo getta un grande urlo di collera, e mareggia.
La vostra forza fedele fu ricevuta non senza lacrime. Ed erano lacrime che avevano la stessa qualità donnesca di quelle versate, in guisa di argomento, contro l’ostinazione inesorabile degli spoliatori.
In un tale uomo potevano essere di rimorso, di penitenza, di ammenda, d’ipocrisia; ma non potevano avere nulla di veramente nobile e nulla di virile. Nondimeno voi credeste, voi assolveste!
Una imprecazione unanime scoppia dall’immensa folla.
Ci fu già in Italia un maschio conduttore a cui si velavano gli occhi quando vedeva le prime foglie nuove su gli arbusti del suo aspro cammino. Ho visto io fanti fangosi e logori piangere al soffio della vittoria. Si poteva piangere di rapimento davanti alla maravigliosa solitudine della Patria, davanti alla bellezza dell’Italia sola e invincibilmente primaverile.
Ma quello non era se non un piangiucchiare di femmina publica.
Da questo punto le imprecazioni e le acclamazioni
accompagnano il discorso, di pausa in pausa.
Tuttavia voi credeste, voi assolveste, voi acclamaste. Vi lasciaste ingannare anche una volta, o generosi.
Pochi giorni dopo, ripassava di qui una specie di flaccido traditore fuggiasco.
Che aveva egli fatto della vostra forza donata con tanto fresca fede?
L’aveva lasciata cadere dalle sue mani fiacche e false, come ogni altra cosa bella e forte e pura della nostra guerra, della nostra passione.
Io l’ho raccolta, degno di raccoglierla e di rivelarla. Voi me la confermaste in Campidoglio. Ora me la confermate tra il Viminale e il Quirinale.
Non io fuggo. La mia fronte non fu mai tanto alta. Parto per ritornare.
Vado sul mio campo, di dove tante volte partii contro il nemico, vado sul mio campo a restituire quelle armi che ho bene adoperate per combattere. E voi lo sapete, e lo sanno tutti i combattenti: i veri, i sinceri: questi.
L’oratore mostra al popolo i superstiti della gloriosissima
squadriglia di Francesco Baracca, su i quali egli s’appoggia,
e i giovani Arditi che gli fanno ressa coi petti pieni
Altre me ne darete voi. Non temo, no, di rimaner disarmato.
Quattro anni di fatica e di lotta incessanti, quattro anni di dedizione intera – dico intera, ripeto intera – alla causa della Patria, hanno questa ricompensa.
Non importa.
Sono più volenteroso di prima, sono più devoto di prima, sono più ardente e fidente di prima.
Il 24 di maggio a me volontario di guerra, mutilato di guerra, designato dal popolo, fu proibito di celebrare in Roma il quarto anniversario del nostro maggio eroico, il primo dopo la vittoria. Come l’Italia fu legata alla colonna dai nuovi farisei, così alla vittoria fu messo il bavaglio di stoppa.
I combattenti ebbero l’onta inaudita di rimanere nelle vie e nelle piazze a far catena per impedire che si celebrasse in Roma l’anniversario adorabile, il giorno che noi chiamiamo «l’Ognissanti della Patria».
I combattenti furono costretti a rinnegare sé stessi, furono adoperati alla più bassa bisogna poliziesca contro la loro stessa fede e contro il loro stesso onore!
A ogni denunzia, a ogni invettiva, il popolo non contiene
le sue grida. Il tumulto cresce.
Non bastava che il loro sangue fosse mercanteggiato a Parigi e a Versaglia come una derrata bruta. Bisognava che fosse disonorato anche qui, nella città dell’anima.
Ricordatevene quando sarete qui per il ritorno degli accusati.
Ma ritorneranno di nascosto e di notte.
Preparate nondimeno la gogna. E non vi lasciate ingannare dalle bugie né addormentare dalle pozioni dei loro clienti e servitori.
Vi dissi come nel venire ebbi per viatico il pane di Fiume, che era stato mandato a Trieste e da Trieste a Venezia, per me, col treno che doveva portarmi a Roma: un pane veramente intriso col sudore di sangue. Ve lo dissi.
Oggi ho da voi per viatico un altro pane, intriso con la più schietta amarezza: con una amarezza che fortifica ed èccita. Lo spezzerò a chi saprà masticarlo. È oggi, del resto, il pane di tutti i buoni soldati.
Combattente, io vado a restituire le mie armi. Combattente, ritornerò a prendere le nuove armi che voi mi darete.
Fate che sieno pronte, e ben forbite, e affilatissime.
Cittadini di Roma, compagni della nuova lotta, bisogna che voi le promettiate fedelmente alla mia fedeltà.
Posso contarci?
Tutte le mani si levano a giurare, le prossime e le distanti,
con un solo gesto.
Abbiamo avuto quattordici vittorie. Ora vi dico che dobbiamo avere la quindicesima, ond’escirà finalmente al futuro quell’Italia bella per cui le madri diedero i figli e i figli caddero beati.
Vi dico che l’avremo.
Oggi è un ottimo giorno. È l’anniversario della morte di Giovanni Randaccio fante dei fanti. La bandiera che fu spiegata alla ringhiera del Campidoglio, e battezzata nell’acqua capitolina, e abbrunata con minaccioso dolore, doveva oggi sventolare su San Giusto. Fui impedito di mantenere la promessa. Non importa. Aspetterò. Aspetteremo. E là aspetteranno.
Oggi è anche la vigilia dell’Ascensione: la vigilia dell’Ascensione di Nostra Donna l’Italia, raggiante come quella di Nostro Signore Gesù, certa come la spigatura del nostro grano.
Questo è il mio Credo. Questo sia il vostro Credo.
Silenzio, disciplina, vigilanza, buona memoria, fermezza implacabile.
Vivano i vivi e vivano i morti!
Il combattente è sollevato sopra le spalle dei compagni
eroici di Francesco Baracca e portato attraverso la folla
che sfonda ogni ostacolo e travolge ogni resistenza.