Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il sudore di sangue
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RICOMPENSE ITALIANE AL VALOR MILITARE CONFERITE ALL’UFFICIALE DI COMPLEMENTO GABRIELE D’ANNUNZIO DEI LANCIERI DI NOVARA

PER LA MEDAGLIA D’ORO

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PER LA MEDAGLIA D’ORO

ordine del giorno a tutti i reparti dipendenti

Zona di guerra, 5 febbraio 1919.

Sua Maestà il Re, con atto di sovrano moto proprio, ha voluto concedere al Maggiore Gabriele d’Annunzio Comandante la Squadra «San Marco», la medaglia d’oro al valor militare, con la seguente motivazione:

«In grandiosa impresa aerea da lui stesso propugnata ed in aspro combattimento terrestre sul Timavo superato, fu per il suo ardimento di meraviglia agli stessi valorosi. – Cielo Carsico e Timavo, 23-28 maggio 1917».

«Volontario e mutilato di guerra, durante tre anni di aspra lotta, con fede animatrice, con instancabile opera, partecipando ad audacissime imprese in terra, sul mare, nel cielo, l’alto intelletto e la tenace volontà dei propositi – in armonia di pensiero e d’azioneinteramente dedicò ai sacri ideali della Patria, nella pura dignità del dovere e del sacrificio».

Zona Guerra: maggio 1915novembre 1918.

S. A. R. il Duca d’Aosta, Comandante della III Armata ha avocato a sé l’onore di consegnare al Maggiore D’Annunzio la medaglia stessa che, mentre consacra tutta la multiforme opera di guerra del valoroso ufficiale, pone anche in speciale rilievo uno dei più salienti episodii da lui compiuti quale fante della gloriosa Armata.

In attesa che la cerimonia solenne della concessione al Maggiore D’Annunzio della massima ricompensa al valore abbia il suo compimento, desidero sin d’ora far giungere a Lui, in nome del Corpo Aeronautico Militare, il saluto e l’augurio dei nostri cuori.

Ognuno di noi Lo vide, ardente di passione e di fede, intento all’opera di guerra. Raggiante sempre di entusiasmo, sia nelle cure instancabili del suo grado, che nelle prove più ardue della sua lotta continua, non si concesse mai un giorno di sosta, non disertò mai, neppure per un necessario riposo, il suo posto di lavoro e di combattimento.

In tutti i campi si rivelò soldato dell’idea e dell’azione. Così, mentre tra i fanti gloriosi fu sul Timavo e sul Carso; mentre la Marina lo ebbe partecipe delle audacie di Trieste e di Buccari; tra noi la sua opera apparve tutto un ardimento: dall’Hermada conteso sino a Pola munita, sino a Comina e Aviano liberati e oltre i campi stessi della lotta, quando, su Vienna sicura, lanciò, alla vigilia della nostra riscossa, il presagio dell’immancabile rovina.

Poeta e Soldato d’Italia, trascorse la sua vita di guerra tra un inno e una battaglia, apostolo di fede, animatore di energie, devoto sempre al dovere e al sacrificio.

E noi orgogliosi di averlo tra le nostre file, mentre onoriamo in lui il combattente dal saldo cuore, non dimentichiamo il fratello gentile e generoso che dette pianto e poesia sul corpo dei fratelli caduti e promessa di propositi più alti e più forti.

Oggi i nostri morti sono vendicati, i nostri vóti compiuti.

E per ciò, oggi, a Lui giungano i sentimenti della nostra ammirazione, della nostra riconoscenza, del nostro affetto fraterno.

Il Maggior Generale

Comandante Generale d’Aeronautica

Bongiovanni

Parole pronunziate da s. a. r. il duca d’aosta, comandante della terza armata, il 10 aprile 1919 sul sagrato di san giusto in trieste, consegnando la medaglia d’oro al valor militare decretata al maggiore gabriele d’annunzio

Compagni di gloria!

San Giusto! Nome di fulgido martirio in cui le più sublimi idealità italiche si sposarono nell’amore di Trieste fedele!

Su questo fatidico colle di San Giusto, mèta dei nostri palpiti, mèta dei nostri desiderii, mèta delle nostre speranze nei lunghi anni di compresse aspirazioni e nelle ansiose vigilie della guerra redentrice, oggi altare della Patria, altare di libertà, altare di vittoria; in faccia alla adriaca marina, che vide il gonfalone della veneta repubblica fieramente levarsi, simbolo di civiltà e di forza, io rinnovello le glorie nostre premiando Colui che il senno e il braccio consacrò alla grandezza della Patria: Gabriele d’Annunzio.

La medaglia d’oro che il mio Reprimo Soldato d’Italia – volle concedere al Poeta Soldato, sintesi sublime del valore di nostra gente, ascende a simbolica significazione: nel nome del Comandante Gabriele d’Annunzio si legano le glorie degli eroici veterani del Carso e degli audaci superatori del Timavo alle sovrumane imprese degli arditi del cielo e del mare che su l’Istria e sulla Dalmazia nostre mostrarono al protervo nemico che nulla arresta gli intrepidi figli d’Italia.

O maggio raggiante dell’anno di passione, che segnasti sulle pendici dell’Hermada lo slancio irresistibile delle nostre truppe, anelanti a te, o cara e bianca Trieste; che vedesti il sacrificio di tanti prodi, caduti per l’amore di una più grande Italia; che contemplasti sull’incantato cielo le audacissime imprese dei nostri aeronauti, novelli sterminatori alati, tu fosti per noi il mese della lusinga ammaliatrice!

In quattro giorni d’epica lotta il nostro Eroe compì prodigiosi atti di valore, meravigliando gli stessi valorosi che lo videro rientrare al campo col velivolo colpito in cento e cento parti, miracolo di forte audacia e di divina protezione. Il suo genio ebbe ragione della materia; il suo valore superò ogni pericolo; la sua fede vinse la superba prova.

Sufficit animus! Il nome della squadriglia da Lei comandata, o Maggiore Gabriele d’Annunzio, espresse chiaramente l’ardimento, la volontà, la potenza spiegate nell’altezza del purissimo cielo, trionfatrici di ogni difesa avversaria.

Sufficit animus! Sì, l’animo fu pari al cómpito disperato, l’animo dominò l’evento fugace, l’animo bastò a non fallire il segno!

Figli di Trieste e soldati d’Italia!

La grande ora sta per essere compiuta e l’eroismo della valorosa schiera che seppe sacrificare alla Patria ogni suo bene avrà fra breve il più alto premio, degno invero di chi – come voi – mai disperò anche nei momenti di angoscia mortale.

Questa nostra Italia vilipesa, calpestata, spezzata nei secoli perché mai potesse risorgere, attraverso le più scoranti attese, le più atroci persecuzioni, le più difficili prove assurge oggi a grandezze e glorie sempiterne.

Come San Giusto, dopo le ingiurie e il flagello, fu coi piombi gettato negli abissi del mare, la nostra Patria fu nei secoli vituperata, percossa, schiacciata. Ma come San Giusto trasse dallo sfolgorante martirio luce di gloria immortale, così l’Italia, dopo la lunga passione, risorse sulle rovine e colla forte virtù dei suoi mirabili figli conquistò la vittoria romana che eternerà nel mondo il valore del popolo suo, degno ognora dei più alti destini.

Con la fiamma di questi eroi e di questi martiri, o nuovo popolo d’Italia, avanti, avanti!


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