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«QUI RIMARREMO OTTIMAMENTE»
Miei soldati,
miei compagni per la vita e per la morte,
giovinezza incorruttibile d’Italia,
non è un’ala italiana quella che ieri si svergognò gettando a noi vittoriosi dal cielo di Fiume certe miserevoli intimazioni che con più dignità avrebbe concepite e scritte l’ultimo dei nostri scritturali.
Non è certo un’ala italiana. È un osceno mozzicone d’ala austriaca. E io non mancherò di stampare col mio più duro marchio la spalla servile del rinnegato che la conduceva, quando ne conoscerò il nome.
I disertori non siamo noi. I disertori sono quelli che abbandonano Fiume nostra, quelli che la disconoscono, la respingono, la calunniano, commettendo il più turpe delitto di lesa Patria che sia mai stato commesso in terra. Non sono essi meno ignobili dei fuggiaschi di Caporetto oggi premiati dall’amnistia.
Come dichiarai ieri ai miei Ufficiali radunati pel gran rapporto, io prendo sopra di me ogni accusa, ogni colpa. E me ne glorio. Io copro ciascuno di voi con la mia persona, io mi faccio mallevadore della vostra immunità. Credetemi.
Il vero Esercito Italiano è qui, formato da voi, combattenti senza macchia e senza paura. Qui l’Esercito della Vittoria, disgregato dai corruttori e dai traditori, si riannoda, si rinsalda, si risolleva, si riaccende, rifolgora.
Aver fatto parte di questa audacissima impresa, o miei compagni, sarà per ciascuno il più puro titolo di gloria. Nella mia prossima narrazione tutti i vostri nomi saranno incisi come in un marmo eroico, tutti, dal primo all’ultimo, e celebrati dalla gratitudine popolare.
Intanto mi propongo di instituire una medaglia commemorativa di bronzo, il cui segno sarà distribuito a tutti sul campo nella ricorrenza del 20 settembre prossimo.
Chi non invidierà questo segno d’onore?
Ma, se ci sia qualcuno che per vigliaccheria o per basso interesse abbandoni le nostre file, egli resterà infamato. Lo prometto e lo giuro.
E voi sapete che la mia parola non passa come gli sporchi fogli volanti piovuti ieri sul vostro disprezzo e su la vostra giovane ilarità dai denti bianchi.
Miei soldati, miei compagni, avete data la vostra fede a Fiume e all’Italia vera. Serbate fede a Fiume e all’Italia vera.
Qui è la Patria. Qui novamente si respira il vento eroico, si ansa novamente nella gloria, si ripalpita di allegrezza, si risplende di affilata volontà.
Nessuno potrà smuoverci di qui. Io, per me, non uscirò di qui vivo e non uscirò di qui morto, perché vorrò avere qui la mia sepoltura e divenire una cosa sola con questa terra benedetta.
L’Italia vera ci comanda questa fermezza. Il mondo intero si attende da noi questa fermezza, e ci ammira. Ogni giorno affluiscono verso di me, da ogni parte, le più calde testimonianze. E ci sono perfino cittadini americani che domandano di venire presso di noi anche per compiere il più umile degli uffici. Intendete?
La bellezza della nostra Causa tocca tutti i cuori. Per ciò, come dissi l’altro ieri ai fanti della Brigata Regina, conviene che ciascuno di voi si pianti su i suoi due calcagni robusti e ripeta a fronte alta la parola romana, la parola dei legionarii: Qui rimarremo ottimamente.