Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'urna inesausta
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MESSAGGIO AI TRIESTINI

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MESSAGGIO AI TRIESTINI

Fratelli,

voi sapete omai quel che abbiamo fatto, con l’inspirazione e con la protezione del Dio nostro.

Io ero infermo nel mio letto. Mi son levato per rispondere all’appello. Le forze non mi son mai venute meno. Non io soltanto ma tutti obbedimmo allo spirito e fummo da ogni miseria mondi. Basta oggi alla felicità del corpo respirare quest’aria e bevere quest’acqua.

Ma lo spirito ha compiuto il prodigio. In poche ore, senza colpo ferire, io mi sono impadronito di Fiume, del territorio, delle navi, e di una parte della linea d’armistizio. I soldati omai non tengono la linea e non vanno ad occuparla se non ricevono ordine da me. Quelli mandati contro me con le armi passano alla mia parte con le armi. Il contagio dell’ardore e della generosità è subitaneo. Tutti sentono che l’Italia vera è qui e che i disertori sono dall’altra banda.

Impotente a domarci, Sua Indecenza la Degenerazione adiposa si propone di affamare i bambini e le donne che con bocche santificate gridano: Viva l’Italia!

Col soccorso vostro, col soccorso di tutti i buoni Italiani, noi resisteremo senza fine.

Noi siamo risoluti a rimanere nella Città Olocausta, contro ogni avversità di fortune e di uomini. Siamo risoluti a finire di fame nelle sue vie, a seppellirci sotto le sue rovine, a bruciar vivi nelle sue case incendiate, a riderci di tutte le minacce e a incontrare ridendo le morti più crudeli.

Per ciò siamo invincibili.

Ma voi dovete mostrare al sublime popolo di Fiume la vostra fraternità militante, la vostra attiva carità patria.

Raccogliete pel popolo di Fiume viveri e denaro. Nella raccolta siate disciplinati, silenziosi, vigilanti.

Occorre che tutta la nazione perpetui la nostra lotta, nelle più diverse forme, se non vuole sdraiarsi per sempre tra l’abominio e la vergogna.

La sacrificata Fiume insegna il sacrifizio. Chi per lei si sacrifica sarà benedetto.

E ricordatevi, o fratelli triestini, che Fiume oggi custodisce la grande bandiera battezzata nell’acqua capitolina e destinata alla torre di San Giusto.

Dal Palazzo, 17 settembre 1919.

Gabriele d’Annunzio

Il messaggio stesso, inviato al popolo italiano, reca questa giunta:

Chi per lei si sacrifica sarà benedetto.

E ricordatevi, Italiani, che il 6 maggio 1919 dalla ringhiera del Campidoglio mostrando la bandiera oggi distesa sopra la ringhiera del Palazzo di città, io dissi al popolo adunato: «Comandatemi che, prima di donarla a Trieste secondo il vóto, io la porti a Fiume d’Italia

Tutto il popolo consentì con un grido unanime, allora ripercosso nella nazione intera.

Può la viltà del governo prevalere su la generosità della nazione?

Può la nazione rinnegare i devoti che puramente la servirono e la servono?

Può la coscienza di tutta una gente vittoriosa oscurarsi fino ad accettare una complicità che non mai sarà espiata davanti alla storia?

La statura di Garibaldi è oggi quella di un uomo libero che marcia a fianco di uomini liberi. Umile, riconosce un fratello in ciascuno de’ nostri umili «insorti».

Nominare il suo nome non è lecito a chi tradisce il popolo, a chi disonora la Patria.

Come alla legione lombarda di Giacomo Medici su la Porta di San Pancrazio, egli ci grida: «Vinceremo


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