Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'urna inesausta
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GIURAMENTO E SIGILLO

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GIURAMENTO E SIGILLO

Ringrazio, nella persona veneranda del Presidente, il Consiglio Nazionale di Fiume che fu il costante sostegno della città dolorosa e il fiero linguaggio del suo diritto.

Gli usurpatori, nell’abolire il Consiglio, intendevano distruggere lo spirito secolare del Comune italico. Il Consiglio ha dunque oggi il dovere di persistere nel suo ufficio, che è affermazione e sanzione cotidiana di italianità. Non si toglie dall’arengo la campana delle radunate e delle riscosse.

Prego il Maggiore Giovanni Giuriati, capo del mio Gabinetto, eroico fante, mutilato di guerra, che con tanta sapienza intende a concordare gli atti del potere militare con quelli del potere civile, prego il Maggiore Giuriati di leggere pubblicamente l’Ordinanza.

Il Maggiore Giuriati legge:

gabriele d’annunzio

comandante della città di fiume

ordina:

1. – Il Consiglio Nazionale, eletto col plebiscito del 30 ottobre 1918, rimane in carica.

Sono confermati in carica tutti i delegati dal Consiglio Nazionale alle varie amministrazioni.

2. – Tutti gli atti e le deliberazioni del Consiglio Nazionale che comunque possano riguardare l’ordine publico e conseguire un effetto politico devono essere sottoposti all’approvazione del Comando e non potranno essere eseguiti se non nel giorno successivo a quello dell’approvazione.

Fiume, 20 settembre 1919.

f.to Gabriele d’Annunzio

Consegno il documento con la firma autografa del Comandante al Signor Presidente del Consiglio Nazionaledice il Maggiore Giuriati.

Il Comandante continua:

Signor Presidente, nobilissimo Consiglio, all’azione che io e i miei compagni compiemmo non conviene tanta lode, né spetta tanta riconoscenza. Noi abbiamo obbedito all’inspirazione del Dio vivo e vigile.

Guidati da Lui, siamo giunti nell’ora stessa in cui, deposto e disperso il Consiglio, stava per consumarsi sopra la città tradita, da parte dei villani, complici gli usurpatori, un misfatto irreparabile.

Abbiamo impedito il misfatto, abbiamo salvato i fratelli. Ringraziamo la Provvidenza. Ringraziamo il genio tutelare della città incolpevole.

Se noi non fossimo sopraggiunti, Fiume sarebbe andata in sangue in fuoco e in perdizione.

Il Consiglio ha le prove sincere di quel che io affermo.

La necessità dunque, nel senso fatale, nel senso ferreo della parola, la necessità supera ogni biasimo e riserva della gente stolta o malvagia o vile.

Io ho instituito una medaglia di bronzo commemorativa della fausta impresa. Ne distribuirò oggi il segno ai soldati di terra e di mare. Ogni soldato, ricevendolo, dovrà rinnovare il giuramento. Il segno è pegno.

Fiume il territorio e il portosecondo l’atto del 30 ottobre 1918 riconfermato il 12 settembre 1919 per acclamazione del popolo tutto – appartengono all’Italia.

L’Esercito ne è mallevadore. Il Consiglio Nazionale dev’esserne mallevadore.

Chiedo che anche il Consiglio, e il Popolo, in questo giorno solenne, avendo rinnovato le imagini, rinnovi il giuramento.

Tutti i presenti a una voce gridano: «Giuro

Noi siamo venuti qui a vincere o a morire.

Non abbiamo orecchi per le ciance, e tanto meno per le ammonizioni e per le minacce.

Tutto è detto.

E tutto è pronto.

Onore al Consiglio! Onore al Popolo!

Noi ne saremo degni.


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