Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'urna inesausta
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AI DALMATI LATINI

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AI DALMATI LATINI

Fratelli di Dalmazia,

fin dalla notte stellata di Ronchi, fin dall’ora della dipartita, una malinconia sempre più amara s’andava addensando in fondo alla mia risolutezza, una spina sempre più acuta mi penetrava nel cuore fidente.

Era il pensiero di Voi, era il rammarico di non avere forze bastevoli a propagare l’incendio in quel medesimo giorno fino a Spalato nostra e più oltre ancóra, fino alle Bocche di Cattaro, fino a quell’antica Perasto che custodisce la speranza e il gonfalone.

La passione di Dalmazia non travagliò mai così addentro il mio petto come durante la mia marcia verso Fiume.

«Che dirà, che farà la mia Zara quando le giungerà l’annunzio? Che diranno, che faranno Sebenico Traù Spalato e le sorelle?» Questa ansia non mi abbandonò neppure nel colmo dell’azione, neppure nei momenti della più severa energia. In fondo al grido trionfale di Fiume mi pareva di distinguere la vostra voce remota e straziante.

Fratelli di Dalmazia, non vi abbiamo dimenticati, non possiamo dimenticarvi.

L’Esercito della Vittoria, ricostituendosi intorno alla ròcca eroica di Fiume, si accresce ogni giorno, diventa ogni giorno più numeroso, più potente, più disciplinato, più spedito. Guarda a occidente per impedire che Fiume sia recisa dal corpo vivo della Madre Patria, secondo un disegno iniquo già svelato. Guarda a oriente per impedire un baratto infame.

Confidate in me, servitore primo e perdutissimo della causa vostra, o fratelli Dalmati. Confidate nell’Esercito fraterno della Vittoria.

Le sorti dell’Adriatico non possono essere decise se non dagli Italiani.

Ogni altra gente è intrusa e noi non lasceremo che prevalga.

Come la fedeltà di Fiume, la fedeltà della Dalmazia latina è onore d’Italia.

21 settembre 1919.

Gabriele d’Annunzio


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