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Le donne di Fiume, durante la guerra, si tolsero di bocca il pane per darlo ai prigionieri italiani. Anche le più povere non esitarono a offrire quel poco che avevano di tela e di lana, e perfino l’unica coperta del letto. Per alleviare le sofferenze dei prigionieri italiani, esse e i loro figliuoli e i loro vecchi vollero soffrire il freddo e la fame.
Bisogna ricordarsene.
Oggi le donne e i bambini e i vecchi di Fiume soffrono la fame e il freddo, per l’amore disperato d’Italia. La bora è cruda. I monti sono già bianchi di neve. Il lavoro è scarsissimo. I soccorsi non arrivano più. La carità italiana s’è affievolita. I cuori s’indurano.
Posso raccomandare alla gentilezza delle donne d’Italia questa gente miserabile e ammirabile che patisce e resiste senza lamentarsi?
Fiume d’Italia, 27 novembre 1919.