Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Vita di Cola di Rienzo
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La vita di Cola di Rienzo

III

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III

Gran tempo di poi corse voce che, compita l’incoronazione in Laterano, all’Imperatore biondo troppo dolesse di partirsi da Roma senz’aver pur veduto la faccia della Casa di Pietro, e ch’ei ricorresse all’astuzia del travestimento per appagare il suo desiderio pio, essendo il quartiere guardato dalle milizie del principe d’Acaia e tutti asserragliati gli sbocchi circostanti. Corse voce che in abito di romeo, condotto da un paesano pratico delle vie, ei s’ardisse di passare per steccati fossi e barre ingannando i presidii e riescisse così a penetrare nella Basilica; ma che non tanto fosse coperto l’inganno da non destar qualche sospetto nei più occhiuti. Onde subitamente si levò rumore tra le genti guelfe, e fu fatta custodia in ogni capo di strada e ad ogni porta, e da banditori messe furono grossissime taglie addosso al Tedesco. Il quale ebbe modo di ridursi col suo compagno alla taverna d’un tavernaio nominato Rienzo, su la ripa del Tevere fra le mulina, dietro San Tomaso dei Cenci, sotto la Sinagoga. E quivi passò la notte, e poi più giorni si rimase celato fingendosi infermo, sinché i nemici non deposero il sospetto e non rallentarono la vigilanza. E quivi era una fresca donna e piacente chiamata Maddalena, moglie dell’oste, che lavava panni a prezzo e portava acqua alle case; e lontano era in quei giorni il marito. E nella primavera dell’anno vegnente nacque di costei un figliuol maschio; cui fu imposto il nome di Nicolaio. E poiché, partitosi l’Imperatore, il buon Latino che aveva condotto il romeo alla taverna non si tenne dal cianciare, l’acquaiuola conobbe d’aver dato in luce un bastardo di sangue imperiale.


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