Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto novo

Canto del sole

VIII9.

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VIII9.

A te libo, o despota, di porpore cinto, che guardi

su ’l mar di viola, su la fiorente selva,

come occhio di ciclope nuotante nel sonno e nel vino

fra l’ondeggiare lento de’ papaveri!

A te libo. Mi brilla nel calice nitido il sangue

che per la grande tua virtù ne’ grappoli

fervea su’ colli del Sannio felici… Non tale,

di’, ne’ precordii l’inno de tuoi poeti?

non tale a Flacco l’alcaica strofe ondulante

quando a l’alban vermiglia la tonda faccia arrise?

Dava murmuri freschi il Digenza tra’ pioppi, e Vacuna

perdeasi lenta ne’ vapori occidui.

Ma tu, mare, altri murmuri dài, altri canti; voi, colli,

divinamente naufragate! E nàufraghi

anche siam noi: ci spingono i vènti grecali

pregni di sale e di profumi d’alighe

nel pelago de’ sogni; più lento di molli spondei

fluisce il verso fuor de le labbra, o maggio,

o maggio fiorente, che ridi a le case lontane

de la fanciulla nostra, susciti il van desio.


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