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X11.
Oh bella che freni il ritmo de’ lombi stupendi
tra le prunaie rosse giù per la china audace,
alta, schiusa le nari ferine a l’odor de la selva,
violata dal sole, bella stornellatrice!
S’arresta ne l’ombra. Vien alito su di scirocco
pe’ filari d’olivi, languido su dal mare.
Splendidamente azzurro s’affaccia il gran mar tra gli olivi
cinerei, argentei. Fiuta ella odor di sale?
Non giunge odor salso; ma acri da l’erbe selvagge
rompono di sotto l’orma possente aromi.
Entra fra le acacie de l’umido clivo ridendo
ella; ed io la perseguo giù per il verde intrico.
Piè d’Atalanta non fu sì veloce. Da’ rami
troncati un profumo inebriante sprizza;
sprizzan vermiglie stille di nostro sangue da’ rami,
viventi gemme, tratte dagli aculei;
né io so, per l’ebrezza, quale più odori, se il sangue
o la linfa, l’umano spirito o l’arboreo.
Ma precipita ella pe ’l clivo. Non fu si veloce
la vergine scheneia quando scagliava il dardo;
né a me soccorre con gli aurei pomi Afrodite
come a l’ardente figlio di Macareo.
Pur io la giungo alfine; le mani entro i fulvi capelli
póngole. — Vittoria! — Ella si torce in vano.
Come una forte fiamma sonora che tutto m’avvolga
sento io su’ miei sensi la sua bellezza intera.
Vibra come una fiamma terribile mentre io la piego:
sembrami che s’accenda l’erba dov’ella cade.
Meravigliosa lotta. Plaudite plaudite plaudite,
come un popolo al circo, piante, colline, mare!