Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto novo

Canto del sole

X11.

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X11.

Oh bella che freni il ritmo de’ lombi stupendi

tra le prunaie rosse giù per la china audace,

alta, schiusa le nari ferine a l’odor de la selva,

violata dal sole, bella stornellatrice!

S’arresta ne l’ombra. Vien alito su di scirocco

pefilari d’olivi, languido su dal mare.

Splendidamente azzurro s’affaccia il gran mar tra gli olivi

cinerei, argentei. Fiuta ella odor di sale?

Non giunge odor salso; ma acri da l’erbe selvagge

rompono di sotto l’orma possente aromi.

Entra fra le acacie de l’umido clivo ridendo

ella; ed io la perseguo giù per il verde intrico.

Piè d’Atalanta non fu sì veloce. Da’ rami

troncati un profumo inebriante sprizza;

sprizzan vermiglie stille di nostro sangue da’ rami,

viventi gemme, tratte dagli aculei;

né io so, per l’ebrezza, quale più odori, se il sangue

o la linfa, l’umano spirito o l’arboreo.

Ma precipita ella pel clivo. Non fu si veloce

la vergine scheneia quando scagliava il dardo;

né a me soccorre con gli aurei pomi Afrodite

come a l’ardente figlio di Macareo.

Pur io la giungo alfine; le mani entro i fulvi capelli

póngole. — Vittoria! — Ella si torce in vano.

Come una forte fiamma sonora che tutto m’avvolga

sento io su’ miei sensi la sua bellezza intera.

Vibra come una fiamma terribile mentre io la piego:

sembrami che s’accenda l’erba dov’ella cade.

Meravigliosa lotta. Plaudite plaudite plaudite,

come un popolo al circo, piante, colline, mare!


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