Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto novo

Canto dell’Ospite

X24.

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X24.

Teneami il sonno. Le carezzevoli

tua dita d’oro io non sentìami

per entro a’ capellidolce

io pel supino vólto il tuo fiato.

Ma ben sentiva per tutto l’essere

una virtude ignota. I giovini

capelli pareanmi nel sonno

come un cespuglio vigoreggiare.

Aggrovigliarsi per tutti i muscoli

sentiva i nervi che si faceano

radici, fibrille suggenti

avide il sangue da ogni vena;

e dal profondo cuore, ove l’anima

ferve, pel novo stelo con impeto

la tepida linfa vermiglia,

ecco, toccare l’ultime cime.

Allor nel sole fuor da le rosee

gemme proruppe sùbita a l’aure

l’infanzia gentil de le rame;

e da le rame le foglie, i fiori:

lucide foglie, oltremirabili

fiori, corolle ampie di porpora

che ardendo rendevano odore

come urne piene di fuoco e aroma:

le foglie, i fiori strani proruppero

a mille a mille. Spandeva l’albero

divino ne l’aere immoto

la sua possanza non mai veduta;

spandeva l’ombra carca di effluvii

sopra il tuo capo; e tu bevendola

cantavi quasi ebra, nel sacro

silenzio, un canto non mai udito.

Cantavi come in una favola,

incoronata d’oro. I miei calici

purpurei s’empivano, come

d’una rugiada, de la tua voce.

Ebra cantavi le metamorfosi

misteriose. Ed io immemore

de’ fati umani era, e d’ogni altra

cosa mortale, nel mio fiorire.

E il canto e il fiore, prodigio duplice

sagliente, il cielo sommo attingevano…

Ah, tutta la gioia del mondo

nel tuo cantare, nel mio fiorire!


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