Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto Novo [Editio princeps, 1882]

Libro primo

V34.

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V34.

Sta il gran meriggio su questa di flutti e di piante

verde-azzurrina conca solitaria;

ed io, come un agile pardo a l’agguato, m’ascondo,

platano sacro, qui fra le chiome tue.

Sotto brillano l’acque infinite perdentisi via,

ne ’l cupo cobalto, lunge a ’l perlato cielo.

Pénetra il sole tra i densi chïoschi in oblique

strisce, in ricami onduleggianti a ’l greco;

pénetra… Oh pioggia lucente di schegge e di squame

sovra il mio capo, sovra l’erbette in fiore!

Oh vipere bianche, cerulee bisce lascive

scherzanti con freschi strepiti su le ghiaie!…

Vanno le brune a coppia paranze veliere ne ’l sole

meridiano come alati cèfali;

van come i sogni de ’l core mio belle ne ’l sole,

ne ’l sol come i canti de la mia musa liete.

Chi dunque sì dolci rimormora canti lontano

rïecheggianti per le verdi cupole?

Forse ripalpitan vive le driadi antiche

ne’ tronchi e una driade or fra le braccia io serro?

O bella driade, o cara a Vergilio, o bionda

di Cintia alunna, fortissima amatrice,

rompi da ’l cortice, nuda le membra mortali:

agile io sono, è forte la giovinezza mia!

Rompi da ’l cortice; e tutto, com’ellera umana,

tutto, ecco, suggimi di giovinezza il fiore!


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