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Come gioconde l’ombre si allungano
giù da i ciliegi! — Dinanzi, l’arida
giallezza de’ liti e il fiammante
a ’l sol di giugno tacito mare;
lungi, su ’l cielo chiaro, la sagoma
di Francavilla, netta, agilissima,
tra ’l verde; più lungi sfumate
Noi qui, ne l’ombra, noi ne l’idillio,
su l’altalena pendula: trillano
salgon li effluvî da l’erba in fiore;
li effluvî aspiri tu con un fremito
d’onza in amore, ed io l’acrissima
da’ tuoi disciolti capelli aspiro,
avidamente bevo, ecco, io li aliti
tuoi caldi e l’aure marine. Chinansi
le rame a gli slanci oscillando
ma tu con nude le braccia a li omeri
miei forti avvinta, di fra la grandine
vermiglia ed il nimbo de’ raggi,
onza gentile, ma tu non tremi.
Tu ridi, ridi: sotto la giovine
forza dei denti, Lalla, ti sprizzano
e l’umidore voluttuoso
io, Lalla, e il sano odor selvatico,
ecco, io ne’ baci sento… Oh lascivia
ácini e labbra più rosse ancora!
oh giovinezza de’ rami carichi
di cocciniglie serrate a grappoli,
de ’l ciel di perla con squilli audaci!
fiotti di sangue ricco d’ossigeno
rifermentanti entro le arterie
aspri de’ tronchi, Lalla, ora a ’l sole!