Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto Novo [Editio princeps, 1882]

Libro secondo

XIII56.

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XIII56.

Come gioconde l’ombre si allungano

giù da i ciliegi! — Dinanzi, l’arida

giallezza de’ liti e il fiammante

a ’l sol di giugno tacito mare;

lungi, su ’l cielo chiaro, la sagoma

di Francavilla, netta, agilissima,

tra ’l verde; più lungi sfumate

molli caligini di viola.

Noi qui, ne l’ombra, noi ne l’idillio,

su l’altalena pendula: trillano

i nidi per l’alto ed a buffi

salgon li effluvî da l’erba in fiore;

li effluvî aspiri tu con un fremito

d’onza in amore, ed io l’acrissima

fragranza di vivo che emana

da’ tuoi disciolti capelli aspiro,

avidamente bevo, ecco, io li aliti

tuoi caldi e l’aure marine. Chinansi

le rame a gli slanci oscillando

con crepitii di fibre rotte;

ma tu con nude le braccia a li omeri

miei forti avvinta, di fra la grandine

vermiglia ed il nimbo de’ raggi,

onza gentile, ma tu non tremi.

Tu ridi, ridi: sotto la giovine

forza dei denti, Lalla, ti sprizzano

infrante le turgide frutta,

e l’umidore voluttuoso

io, Lalla, e il sano odor selvatico,

ecco, io ne’ baci sento… Oh lascivia

di labbra che succhiano rossi

ácini e labbra più rosse ancora!

oh giovinezza de’ rami carichi

di cocciniglie serrate a grappoli,

rompente la gloria serena

de ’l ciel di perla con squilli audaci!

fiotti di sangue ricco d’ossigeno

rifermentanti entro le arterie

sì come la linfa penodi

aspri de’ tronchi, Lalla, ora a ’l sole!


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