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XV58.
riga d’avorii le dita sfiorano,
le tue dita agilissime,
Lalla, risvegliano ne li alvei le anime
elle per l’aura molli da li alvei
l’api a l’effluvio novo de’ calici
Palpitan ne’ pulviscoli
aurei de ’l vespero le note, spirano
de ’l mare. Si animan, Lalla, di teneri
tue grandi, l’umide labbra d’aneliti;
il loto glauco de’ sogni crescemi.
de’ sogni migrano per solitudini
migrano ai datteri, migrano a l’òasi
giganti, carichi di fulvi grappoli,
de ’l ciel, fra cantici d’arabe vergini!
E i cantici agonizzano
entro il silenzio sacro, e da ’l culmine
le malinconiche voci ripetono:
— Allah è grande! — Ma turgide
le umane arterie di desìo pulsano,
i coccodrilli s’amano
fra ’l limo, odorano le ombre, il Nilo àugura.
fumidi un turbine vivo di femmine,
di naje, s’agita striscia contorcesi
de la lascivia: s’impregna l’aria
di carne: cupide le nari fiutano…
ignude bronzee gonfie di arterie
luna, tu bévine co’ tondi glauchi
riarsa i placidi raggi, distenditi:
di sonno corrono tra l’acque e li alberi.
l’acque fluiscono; ne ’l plenilunio
olezzi spiriti d’esseri incogniti.
d’amor le vergini òdon le antilopi
e il lambire avido de le lingue odono.
… Oh profili agilissimi
di moschee naufraghe per entro a oceani
fulvidi oceani donde i pinnacoli
gittando a l’aura nembi d’aneliti
freschi, tra’ fremiti de l’alba liberi!
Una riga lunghissima,
nerastra, mobile, perduta in aridi
non più palmizii verdi, non cupole
che il ciel di smalto squarcino;
ma solitudine sempre, silenzio,
loto, ove cantico d’amor non palpita!