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Era un fanciullo da’ neri selvaggi capelli,
da’ grandi occhi sognanti, pregni di verdemare;
ignudo ne l’ombra d’accanto a la tenda guardava
i poledri pascenti tra le gramigne. Muta
l’afa incombeva su ’l campo; la brulla pianura
perdeasi tutta gialla ne ’l solleone;
cantavan le cicale su una quercia intristita, i ramarri
strisciavan ratti via sotto i caprifichi.
Guardava i poledri, gli zingani proni ne ’l sonno
il fanciullo co’ tristi occhi, e sognava. I lidi
sognava deserti, ed i venti ubriachi di sale;
i bruni scogli ricamati d’alighe,
le paranzelle vermiglie, fiammanti d’arancio,
bianche, fuggiasche per il cobalto cupo
sognava; l’acqua verde in cui diguazzò ne’ meriggi,
là, come un giovine cefalo innamorato.
Batteva il libeccio maligno di tra i caprifichi;
ed il fanciullo a l’ombra ne ’l gran silenzio ardente
accarezzava la vecchia chitarra scordata
cantando a voce bassa una canzon di mare.