Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Canto novo
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Canto Novo [Editio princeps, 1882]

Libro terzo

VI65.

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VI65.

È mezzogiorno. La strada allungasi

diritta innanzi, larga, bianchissima;

da’ lati le stoppie bruciate,

non una pianta ne ’l giallore.

Non una voce turba l’inerzia

de l’afa; ardente come un incendio

sta l’afa. Silenzio. Ai cavalli

pende la lingua ne ’l trotto stanco.

Ma ne ’l campo curvi stan uomini

a sudar sangue, a farsi cuocere

il cranio da ’l sole spietato,

senza una sola gocciola d’acqua,

senza una mica di pane! Affondano

i disperati ne le glebe aride

il ferro, si guardano in volto

con occhi spenti. Non fan querele:

par come un nume reo li perseguiti

sempre, li danni a quel martirio

di vita in eterno: la nuca

piegan su ’l solco, non fan querele.

È mezzogiorno, l’ora de’ lauti

pasti e de’ sonni molli. Essi affondano

il lucido ferro. Vangate,

vangate, figli; non c’è riposo.

Vangate, figli: misericordia

non c’è; vangate fin che si schiantino

le braccia a la furia de ’l tifo.

Vangate, figli; non c’è riposo!


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