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Torpon l’onde con freddi riflessi di bisce sopite
sì come onde di nafta, tra i biechi basalti; e su questa
morta natura, o Dante, qual funebre cappa di piombo
grava il cielo tuo perso. Traversa un cinereo nastro
di gabbïani ad austro il deserto con rapido volo
e per entro a i silenzi infiniti de ’l mare si perde.
Giù giù, ne ’l crepuscolo incerto, un sanguigno bagliore,
qual d’incendio velato tra ’l fumo, protende il riflesso;
svegliasi l’onda gelida arrisa da ’l torbido lume
ed ha guizzi novelli. Torme altre stridenti, furenti
di gabbïani volan giù dietro a la trista bufera,
volano a pasti ignoti, ad ignoti cadaveri, lungi…
O voi tra i viscidi polipi e l’alghe sommersi,
ostie immolate a ’l nume, scuotete il gran sonno, drizzate
su su da l’acque maligne le livide fronti,
su, empite di grida la scena lugùbre: v’invoco!