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II
IL SOLLAZZO 3.
Io veggo le mie belle in un verziere,
come ne ’l fresco de l’Orcagna, a ’l sole
splendere ghirlandate di viole;
e attender quivi ognuna a ’l suo piacere.
E non, come le antiche, uno sparviere
avere in pugno né toccar vivuole.
Sparger fiori talune; altre, parole;
altre volgere un lor dolce pensiere.
Da ’l vertice di un albero la Morte
contemplarle; ed a ’l suo sguardo sfiorire
le monde carni floride in su l’ossa.
Io veggo le mie belle tremar forte,
sfiorire, illividire, irrigidire;
e coricarsi ognuna in una fossa.