Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La chimera
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Rurali

IL POMO 90.

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IL POMO 90.

Pendono i frutti, maturati a ’l roseo

calor de ’l sole, e tremano:

intatti ancóra, poi che ad Ebe l’intima

dolcezza lor consacrano.

Vermigli sono e de ’l lor peso aggravano

i rami e de ’l lor numero;

e tale effluvio spargono aulentissimo

onde mi ride l’anima

tutta e ne ’l capo assai giocondi nasconmi

pensieri e vaghe imagini

di amore sì che in vero tutta ridemi,

come ne ’l vino, l’anima.

Sopraggiunge ne li orti Ebe, con sùbita

gioia; e ridendo gridami:

O tu, o tu che siedi sotto l’albero

de ’l pomo, un frutto coglimi! —

Non io te ’l coglierò, ma te medesima

leverò, fino a giugnere

il ramo, su le mie braccia, o dolcissima

Ebe. — Ed ella: — Or tu lèvami

su le tue braccia. — Ed io la levo a giugnere

il buon frutto che penzola

ed alletta, sì come ne la favola

antica del re Tantalo.

Ergesi il corpo d’Ebe, quale un’anfora,

da la mia stretta; e l’avide

mani ella tende a ’l ramo, in attitudine

bellissima; ed ai cùbiti

nudati le sorridono due rosei

cavi, due nidi rosei,

ove, meglio che a ’l frutto, io vorrei mordere,

me’ che a l’inarrivabile

frutto. — Ancóra! — ella grida. — Ancóra! Un ultimo

sforzo, ed ha vinto Tantalo! —

Ond’io più l’alzo; e più ne ’l desiderio

ardo, sentendo il palpito

de le sue membra. Grida ella: — Vittoria! —

E, d’un salto, si libera

da le mie braccia e fugge, abbandonandomi.

Vittoria! — li orti echeggiano.

Poi ella torna, perocché ne l’animo

sia pïetosa. Offrendomi

la cara bocca, ancóra tutta rorida

de ’l succo, d’onde l’alito

esce fragrante come su da ’l calice

d’un fiore, dice: — Baciami! —

Ed a lungo io la bacio; e tutti fremono,

parmi, d’invidia li alberi.



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