Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La chimera
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AVE, SORELLA

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Nuziali

AVE, SORELLA

I 94.

Quando in terra a le soglie umili venne

Gabriele (d’in torno anche fiorìa

la terra a ’l novel tempo?) udì la pia

Donna, tremando, il rombo de le penne.

Ma quel Messo, in un dolce atto e solenne

a l’Eletta parlò: — Bene ti sia;

il Signore sia teco; ave, Maria. —

E il fremito de l’alte ali contenne.

Non io vengo su alte ali recando

divin messaggio. Ahi troppo io feci schiava

l’anima e troppo il mio servire è antico!

Ma pur, tese le mani come quando

ne la serena puerizia orava,

io dolcementeAve, sorelladico.

II 95.

Ave dico. Per quante volte il mite

lume de li occhi suoi misericordi

ne’ miei torbidi spiriti discordi

ridusse in pace ogni più trista lite;

(Deh come belli su da le ferite

non anche chiuse i fiori de’ ricordi

balzan fiammando! Tremano i precordi

in gran dolcezza. O fiori, aulite, aulite!)

per quante volte a la soave nostra

madre ella terse con man leniente

le lacrime ch’io feci a lei versare;

per quante volte seppe addormentare

ne le sue braccia il mio figliuol dolente,

Ave dico, ave dico; e il cuor si prostra.

III 96.

O sorella, felice sposa uscendo

da la mia casa che di pianti suona,

volgi la faccia sotto la corona

tu lacrimosamente sorridendo.

Io muto dietro a te le braccia tendo,

o mia sorella, o mia sorella buona;

la man ben usa al gesto che perdona,

la cara man che mi sanava io prendo.

Ti volgi tu, ne’ veli; e mi conforti

porgendomi tra i fior la bianca fronte

ove già luce il sogno de ’l futuro.

Quindi varchi la soglia. E teco porti

quel ch’era in me, sopra le glorie e l’onte,

più sereno più giovine e più puro!



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