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O Francesco, le ninfe de ’l Guercino
seminude accorrenti ne la caccia
tende a la strage il grande arco divino;
e la fatale donna de ’l Vecelli,
pallida, a cui ne le perfette mani
risplendono le gemme de li anelli
arcanamente, come talismani;
e il bel violinista Rafaele
a cui si piega sovra il collo puro,
quale un nobile giglio morituro,
esangue il capo d’angelo infedele,
o Francesco, per che virtù profonda
hanno l’anima tua rinnovellata?
Sorge l’anima tua, da la gioconda
communione, fulgida ed alata
a l’Ideale che non ha tramonti,
a la Bellezza che non sa dolori?
Quando grida una voce: — In alto i cuori! —
raggiano de’ poeti erte le fronti.
Oh pomeriggi chiari e dilettosi
in cui fiorì la tua nova fatica
e dentro i versi miei laboriosi
tremò il disìo de la bellezza antica!
Mentre ne l’ampia sala gentilizia
su i quadrati di marmo il sol fluiva
simile ad una lene acqua sorgiva
dilagando con placida letizia,
tu ne la tela, senza alcuna lotta,
io derivava in gloria d’Isaotta
i larghi modi de ’l Poliziano.
noi tenea. Da la tela a quando a quando,
me d’un fraterno riso illuminando,
o, lento, senza volgere lo sguardo
da l’opra, amavi un tuo pensier felice
hai la dolce facondia allettatrice.
Io, ben uso a ’l gentil freno de l’arte,
come un orafo mastro di Fiorenza,
le gemmate parole in su le carte;
ma, se de ’l mio pacato sofferire
il termine supremo era vicino,
a ’l cuor sentìa l’ebrietà salire
quasi io bevessi un calice di vino.
Fluiva su ’l marmoreo pavimento
un lume biondo come l’idromele;
e il bel violinista Rafaele
parea toccar le corde a ’l suo stromento…
O Francesco, m’è grato rammentare!
Or n’andremo a la patria, ove più molle
per la falcata riva ondeggia il mare
e più mite è l’olivo in cima a ’l colle.
Ne la tua vasta casa, ad ogni stanza
e, come ne’ bianchi atri di Pompei,
discenderà la luce in abondanza.
Tu, signor del pennello, io de la rima,
E riderà de’ miei pensieri in cima
quella che il suo d’amor giogo m’impose.
Su ’l vespro converranno a una tenzone,
ne l’orto pien di fonti e di roseti,
donne, scultori, musici, poeti,
principi, come in un decamerone.
E ne ’l convito calici e bicchieri
farà vermigli il dio vin de ’l paese;
andranno in torno i cani ed i coppieri
che amò ne le sue Cene il Veronese;
e i servi porgeranno in vasellami
d’argento frutti il cui vital sapore
da la bocca parrà giungere a ’l cuore
dando piacere per ignoti rami.
Poi sarà dolce insieme ragionare,
lungo i roseti ne la notte bella;
o dormire su l’erbe; o pur vegliare
cantando in coro qualche ballatella.