Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La chimera
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Epodo

AL POETA GIUSEPPE CELLINI 99.

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Epodo

AL POETA GIUSEPPE CELLINI 99.

I

Cellini, erami assai duro ed ingrato

il tempo, quando in cieca ira venìa

a ’l grand’assedio de la vita mia

Amore, con suo dardo avvelenato.

Ben ora a più gioconda signorìa

una donna il mio senso ha costumato,

risuscitando ne ’l mio cor placato

uno spirto amoroso che dormìa.

Con che mitezza accenna la sua faccia,

tra ’l diffuso fiorir de’ ricci biondi,

in un colore angelico di perla!

Ride l’anima mia, solo a vederla;

tal serena bontà fuor de’ profondi

occhi le sgorga, che tutto m’abbraccia.

II

Amico, le mie tristi passioni

or s’inchinano a lei non più ribelli;

e volan alto, come lieti augelli,

per gran cieli d’amor le mie canzoni.

Vennero a lei le Grazie, in lor guarnelli

semplici a lei portando i rari doni,

come un tempo a Giovanna Tornabuoni

ne ’l bel fresco de ’l nostro Botticelli.

Vennero a lei le Grazie; ed ella, come

Giovanna, porse in atto di piacenza

il grembialetto a le visitatrici.

Ed esse la chiamarono per nome.

E ancóra, parmi, de la lor presenza

risplendono le mie stanze felici.

III

Quando ne la mia casa, ospite caro,

io t’avrò, se non sien duri li eventi,

in questi di settembre allettamenti

che indugiano pel cielo umido e chiaro,

tesser vorrem di beragionamenti,

lungo le vigne camminando a paro,

o, ne l’ombra, Tibullo e Flacco e Maro

ornar di sottilissimi comenti.

Ampia in torno sarà pace rurale.

Ma i nostri orecchi udranno ad ogni poco

da la pergola escir suoni di lira.

E il sol cadrà su’ monti, e il mar natale

da lungi arriderà tra ’l roseo foco,

sospirando Tibullo da Corcira.



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