Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La chimera
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Epodo

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NOTE

DONNA FRANCESCA, IX

Alcune particolarità descrittive di questa poesia sono tratte dalla Tentation de saint Antoine di Gustavo Flaubert. E la poesia in sé non ha nemmen l’ombra d’una intenzione antireligiosa; ma è una semplice e pura ed anche, se si vuole, oziosa esercitazione di stile e di metrica.

DONNA FRANCESCA, XII

Fra Bartolomeo Della Porta, domenicano di San Marco, uno dei più singolari artefici del Rinascimento fiorentino, soleva, come altri, prima di cercar le pieghe delle vesti per le sue figure sacre, disegnare i corpi nudi dal vero. La pittura di cui si parla è una tavola che gli fu allogata da Piero Soderini per la sala del Consiglio, «nella quale sono tutti e’ protettori della città di Fiorenza, e que’ santi che nel giorno loro la città ha aute le sue vittorie», come porta il Vasari.

La Galleria degli Uffici possiede alcuni bellissimi disegni che il frate fece per la detta tavola. Uno di quei disegni (n. 1204), eseguito a penna, rappresenta nude le figure comprese nella parte inferiore della composizione; e tra le figure è la Vergine assisa con su le ginocchia il bambino Gesù.

DONNA FRANCESCA, XIV

La miniatura del Breviario del cardinal Grimani, attribuita al Memling, rappresenta gli angeli che offrono a Dio l’anime de’ nuovi eletti. Si trova a Venezia, nella Biblioteca di San Marco.

RONDÒ PASTORALE

Questo rondò è composto, metricamente, sopra un esemplare di Clemente Marot. Gli altri quattro sono composti a similitudine di quelli (più propriamente Rondels) attribuiti a Francesco Villon, che son meno esatti. L’ultimo segue la regola di Carlo d’Orléans.

OUTA OCCIDENTALE

Leggendo l’elegantissima traduzione che Judith Gauthier ha fatta di talune poesie giapponesi, tentai di riprodurre in italiano la struttura di una outa; ed aggiunsi le rime.

I Giapponesi, pure anmirando i versi chinesi e talvolta imitandoli, si attengono di preferenza alla poesia nazionale che chiamasi outa. Due specie di outa vi sono: l’outayé-outa, da cantarsi con compagnia di stromenti o senza; e la yomi-outa, da leggersi. La prima è più lunga, spesso lasciva ed oscena; la seconda è più corta, si compone di pochissime linee senza rima e senza ritmo, ma d’un determinato numero di sillabe seguentisi in un ordine stabilito.

La più elementare forma di poesia giapponese è la strofa di cinque versi, di cui il primo è di cinque piedi, il secondo di sette, il terzo di cinque, e di sette gli altri due. In complesso, trentun piedi. Per esempio, ecco una outa della principessa Issé:

Harou goto ni

Nagarourou Kawa o

Hanato mité

Orarénou mizou ni

Sodé ya Norénamou.

La quale outa vuol dire: «Per cogliere i fiori di prugno, i cui colori agita l’acqua, io mi son chinata verso l’acqua; ma, ahimè!, io non ho còlto i fiori e la mia manica è tutta bagnata

Nella mia occidentale la frequenza della rima e il ritmo troppo accentuato tolgono alla strofa gran parte del suo carattere primitivo.

AL POETA GIUSEPPE CELLINI, II

Il fresco di Sandro Botticelli, raffigurante Giovanna Tornabuoni e le tre Grazie, si trova nel Museo del Louvre, guasto in più parti. È, come quasi tutte le opere di quel meraviglioso pittore, d’una straordinaria bellezza.

AL POETA ANDREA SPERELLI

Per afferrare bene l’intima essenza di questa poesia, bisogna tornar con la mente al mio romanzo intitolato Il Piacere, di cui Andrea Sperelli è il principal personaggio: «Andrea Sperelli ammalato di egoismo estetico, che dall’esaurimento stesso del Piacere e dalle amarezze che gli lascia nell’anima e dalle stanchezze onde gli affatica il corpo, ne intende la vanità e la miseria, e si sente attratto verso la grande salvezza di questi anacoreti della società moderna, verso la Vita multipla e multiforme, vibrante, sonante, trascinante, e verso la grande Arte rispecchiatrice dei fenomeni e delle passioni del mondo

«È il romanzo della lotta d’una mostruosa Chimera estetico-afrodisiaca col palpitante fantasma della Vita nell’anima d’un uomo



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