Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La città morta
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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

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SCENA PRIMA

 

Anna seduta su l'ultimo dei gradini salienti alla loggia, con la testa poggiata al fusto d'una colonna, ascolta in silenzio Bianca Maria che legge. La nutrice sta seduta su un gradino più basso, ai piedi dell'ascoltatrice, in un'attitudine inerte, come una schiava longanime. BIANCA MARIA è in piedi, addossata all'altra colonna, vestita d'una specie di tunica semplice e armoniosa come un peplo. Ella, tenendo tra le mani un libro aperto - l'Antigone di Sofocle, - legge con voce lenta e grave, in cui trema a quando a quando un turbamento indefinito che non sfugge all'ascoltante. I segni dell'inquietudine e dell'ansia vanno via via animando l'attenzione di costei.

 

Bianca Maria, leggendo./

 

Eros nella pugna invitto,

Eros, che precipiti le fortune,

che su le molli gote

della vergine ti poni in agguato,

che erri oltremare e per le capanne agresti!

E nessuno tra gli Immortali può fuggirti

e nessuno tra gli uomini efimeri, e chi ti ha è furente.

 

“Tu dei giusti i traviati

spiriti volgi alla ruina;

e tu anche a questa lite

incitasti i consanguinei.

Vince la chiara lusinga degli occhi d'una sposa

dilettosa, in contrasto alle grandi leggi.

Insuperabile irride la dea Afrodita.

Ed io medesimo già fuor delle leggi

son tratto, questo vedendo; ritenere

più oltre io posso le fonti delle lacrime

vedendo verso il talamo che tutto sopisce

avanzarsi questa Antigone.

 

Antigone

 

Vedete me, o cittadini della terra paterna,

nell'ultima via

entrare, l'ultimo splendore

del sole rimirare,

e quindi innanzi mai più! Ade, che tutto sopisce, viva mi conduce

al lido di Acheronte,

e priva delle nozze.

Non l'inno nuziale mai

mi cantò; chè io sposerò Acheronte....

 

La lettrice si interrompe, come soffocata. Il libro vacilla nelle sue mani.

 

Anna.

 

Siete stanca di leggere, Bianca Maria?

 

Bianca Maria.

 

Forse un poco stanca.... Questa primavera moribonda è già così ardente che la stanchezza e la soffocazione, come la grande estate.... Non la sentite anche voi, Anna?

 

Ella chiude il libro.

 

Anna.

 

Avete chiuso il libro?

 

Bianca Maria.

 

L'ho chiuso.

 

Una pausa.

 

Anna.

 

C'è molta luce nella stanza?

 

Bianca Maria.

 

Sì, molta.

 

Anna.

 

C'è il sole su la loggia?

 

Bianca Maria.

 

Già discende per la colonna, sta per toccare la vostra nuca.

 

Anna solleva una mano per toccare la colonna.

 

Ecco, lo sento. Com'è tiepida la pietra! Mi sembra di toccare una cosa viva.... Siete voi nel sole, Bianca Maria? Una volta quando tenevo contro i raggi i miei occhi morti, con le palpebre aperte, vedevo come un vapore rosso, appena distinto, o di tratto in tratto una scintillazione simile a quella che dànno le selci dure, quasi dolorosa.... Ora, più nulla: l'oscurità perfetta.

 

Bianca Maria.

 

E i vostri occhi sono pur sempre belli e puri, Anna; e la mattina sono pieni di freschezza, come se il sonno per loro fosse una rugiada.

 

Anna si copre gli occhi con ambe le palme poggiando i gomiti su le ginocchia.

 

Ah, il risveglio, ogni mattina, che orrore! Quasi tutte le notti io sogno che ci vedo, sogno che una vista miracolosa m'è venuta nelle pupille.... E risvegliarsi sempre nelle tenebre, sempre nel buio.... Se vi dicessi la peggiore delle mie tristezze, Bianca Maria! Quasi di tutte le cose io mi ricordo, delle cose già vedute nel tempo della luce: io mi ricordo delle loro forme, dei loro colori, delle più minute loro particolarità; e le loro imagini intere mi sorgono nel buio se appena io le sfiori con le mani. Ma della mia persona io non ho se non un ricordo confuso come d'una defunta. Una grande ombra è caduta su la mia imagine; il tempo l'ha offuscata, come offusca in noi le figure di coloro che sono scomparsi. Il mio viso è vanito per me come il viso dei miei cari sepolti.... Ogni sforzo è vano. So bene che il viso ch'io riesco ad evocare finalmente, non è il mio viso. Ah, che tristezza! Di' tu, nutrice, quante volte io t'ho pregata di condurmi davanti allo specchio. Son rimasta con la fronte contro il cristallo a ricordarmi, tenuta da non so quale aspettazione insensata.... E quante volte anche mi comprimo il viso con le palme - così, come ora - per coglierne l'impronta nella sensibilità delle mie mani. Ah, qualche volta mi sembra veramente di portare impressa nelle mie mani la mia maschera fedele come quella che si ricava col gesso dai cadaveri; ma è una maschera inerte.

 

Lentamente ella si scopre il viso e protende le palme concave.

 

Comprendete voi l'atrocità di questa tristezza?

 

Bianca Maria.

 

Come siete bella, Anna!

 

Anna.

 

La notte scorsa, ho fatto un sogno strano, indescrivibile. Una vecchiezza improvvisa mi occupava tutte le membra; sentivo su tutta la persona i solchi delle rughe; sentivo i capelli cadermi dal capo a grandi ciocche sul grembo, e le mie dita vi s'impigliavano come in matasse disciolte; le mie gencive si vuotavano e le mie labbra v'aderivano molli; e tutto in me diventava informe e miserabile. Io diventavo simile a una vecchia mendicante che m'è nella memoria: a una povera idiota ch'io vedevo tutti i giorni - quando ero ancora nella mia casa e mia madre era ancora viva - tutti i giorni davanti al cancello del giardino.... Te ne ricordi tu, nutrice? Si chiamava la Simona; e balbettava sempre una stessa canzone sperando di farmi sorridere.... Che strano sogno! E pure risponde a un sentimento penoso ch'io ho del mio essere, qual che volta, se odo scorrere la vita.... Nel silenzio e nel buio, qualche volta, io odo scorrere la vita con un rombo così terribile, Bianca Maria, che io vorrei morire per non udirlo più. Ah, voi non potete comprendere!

 

Bianca Maria.

 

Io comprendo, Anna. Anche a me l'ora che passa, nella luce, qualche volta un'ansietà insostenibile. Sembra che noi attendiamo una cosa che non accade mai. Nulla accade, da lungo tempo.

 

Anna.

 

Chi sa!

 

Una pausa.

 

Non sento più il sole.

 

Bianca Maria, volgendosi verso la loggia e guardando il cielo.

 

Passa una nuvola, ma è leggera: una nuvola d'oro, che ha la forma d'un'ala. Tutti i giorni passano le nuvole nel cielo azzurro: salgono di laggiù, dal Golfo Argolico, e vanno verso Corinto. Le vedo nascere e tramontare. Talune sono meravigliose. Qualche volta rimangono lungamente su l'orizzonte e la sera s'accendono come roghi. Nessuna ancóra versa una stilla d'acqua. Tutta la campagna ha sete. Ieri da Carvati partì un pellegrinaggio per la cappella dei profeta Elia a implorare la pioggia. Dovunque è la siccità; e il vento solleva a grande altezza la polvere dei sepolcri.

 

Anna.

 

Non amate questo paese, Bianca Maria?

 

Bianca Maria.

 

È troppo triste. In certe ore mi sembra quasi spaventoso. Quando salimmo a Micene per la prima volta io e mio fratello, due anni fa, era un pomeriggio d'agosto, ardentissimo. Tutta la pianura d'Argo, dietro di noi, era un lago di fiamma. Le montagne erano fulve e selvagge come leonesse. Salivamo a piedi, in silenzio, attoniti, quasi senza respiro, con gli occhi abbacinati. Di tratto in tratto un vortice silenzioso si levava all'improvviso sul ciglio del sentiero, quasi una colonna fatta di polvere e d'erbe aride; e ci seguiva senz'alcun rumore, col passo d'un fantasma. Vedendolo appressarsi io non potevo difendermi da uno sbigottimento istintivo, come se quelle forme misteriose rinnovellassero in me il terrore che m'avevano inspirato gli antichi delitti. Sul margine di una grande fossa Leonardo, raccogliendo la spoglia d'un serpe, disse per gioco: "Era nel cuore di Clitemnestra". E l'avvolse come un nastro intorno al mio cappello. Il vento agitava dinnanzi ai miei occhi la piccola coda luccicante, col fruscìo d'una foglia secca. E una sete orribile mi bruciava la gola. Cercammo la fonte Perseia nell'avvallamento, sotto la cittadella. Tanta era la mia fatica che, come misi le mani e le labbra in quell'acqua gelida, venni meno. Quando ripresi i sensi, mi parve di ritrovarmi in un luogo di sogno, fuori del mondo, come dopo la morte. Il vento imperversava, e i vortici di polvere si inseguivano su per l'altura disperdendosi nel sole che sembrava divorarli. Una immensa tristezza mi cadde su l'anima: una tristezza non mai provata, indimenticabile. Credetti d'esser giunta in un luogo d'esilio senza ritorno; e tutte le cose presero ai miei occhi un'apparenza funebre che mi dava non so qual presentimento angoscioso.... Non dimenticherò mai quell'ora, Anna! Ma Leonardo mi sorreggeva e mi trascinava, tutto pieno di speranza e di coraggio. Egli era certo di ritrovare intatti, nei loro sepolcri occulti, i suoi principi Atridi. Mi diceva ridendo: "Tu sembri la vergine Ifigenìa sul punto d'esser tratta al sacrifizio!" E pure la sua gaiezza e la sua confidenza non mi rincuoravano.... Voi vedete, Anna, che ogni giorno la sua aspettazione resta delusa. Questa terra maligna, ch'egli smuove senza tregua, fino ad oggi non gli ha dato se non una febbre che lo consuma. Se voi poteste vederlo, Anna, ne sareste inquieta....

 

Anna.

 

È vero. La sua voce qualche volta è come una fiamma soffocata. Ieri, sentendo la sua mano scarna e arsiccia, pensai ch'egli fosse malato. Egli mi stava accanto quando voi entraste: sussultò come un uomo che ha paura. Mentre voi eravate , io lo sentivo fremere di tratto in tratto come se le vostre parole lo facessero soffrire. Io ho un conoscimento ben singolare per queste cose, Bianca Maria. I miei occhi sono chiusi alla mia anima; però ella ode. Ella udiva ieri tremare quei poveri nervi che soffrivano, ah con quanta pena! Io volevo parlarvi di questo, Bianca Maria.

 

Bianca Maria, con ansietà manifesta.

 

Credete che mio fratello sia veramente malato?

 

Anna.

 

Egli è forse stanco. Le sue forze sono esauste. La sua idea lo tormenta come una passione. Forse, non dorme. Sapete s'egli dorma?

 

Bianca Maria.

 

Non so, Anna. Da qualche tempo egli ha abbandonata la stanza dove prima dormiva, contigua alla mia. Prima io conoscevo che il suo sonno era profondo, dalla placidità del suo respiro. Ora egli è più lontano.

 

Anna.

 

Forse, non dorme.

 

Bianca Maria.

 

Forse. Le sue palpebre si sono enfiate e arrossite. Ma egli vive di continuo in mezzo a quella polvere irritante; egli è sempre , curvo a frugare la rovina, a diseppellire le reliquie, a respirare l'esalazione dei sepolcri. Ah che terribile volontà è la sua! Io sono certa ch'egli non si darà alcuna tregua finchè non avrà strappato alla terra il segreto ch'egli cerca.

 

Anna.

 

Sembra che sia in lui un segreto.

 

Bianca Maria.

 

Quale segreto?

 

Anna.

 

Chi sa!

 

Una pausa.

 

Bianca Maria.

 

Da qualche tempo egli è mutato, profondamente. Era così dolce con me, una volta! Tutto io era per lui: la sola compagna della sua giovinezza. Quante volte io l'ho veduto stanco, ma non come ora! Egli metteva la sua anima su le mie ginocchia, come un fanciullo. Ora non più. Quando io mi accosto a lui, sembra ch'egli si chiuda. Una volta, quando lo sforzo del suo pensiero gli faceva dolere la fronte, egli voleva ch'io gli tenessi le dita su le tempie per addormentargli quella pulsazione dolente, e me n'era grato come d'una medicina deliziosa. Ora non più. Sembra ch'egli mi sfugga. Voi m'avete detto, Anna, che le mie parole ieri lo facevano soffrire....

 

Anna, con un accento penetrante.

 

Forse egli sente che qualche cosa di mutato è in voi, Bianca Maria.

 

Bianca Maria, turbata.

 

In me?

 

Anna, con lo stesso accento.

 

Forse egli indovina la causa delle vostre malinconie, e se ne affligge.

 

Bianca Maria.

 

La causa delle mie malinconie?

 

Anna, velando l'acutezza della sua indagine.

 

Voi non amate questo paese, e desiderate di partire.

 

Bianca Maria.

 

Io sono - ora e sempre - obediente alle sue volontà.

 

Anna.

 

Ecco, di nuovo, il sole. La vostra nuvola è trapassata. Com'è caldo! Quasi brucia. Datemi, vi prego, la mano, Bianca Maria. Aiutatemi ad alzarmi e a discendere.

 

Bianca Maria le tende la mano, la solleva e la conduce giù per i gradini. Anna, tenendo ancora la mano di lei nella sua e facendo l'atto di stringersi a lei come per ascoltarne il palpito, le fa la domanda improvvisa.

 

Avete veduto stamani mio marito, prima ch'egli uscisse?

 

Bianca Maria esita un istante.

 

Sì, l'ho veduto, in compagnia di mio fratello.

 

Anna.

 

Sapete dove sia andato?

 

Bianca Maria.

 

Ha fatto sellare il suo cavallo; e s'è allontanato per la via di Argo, solo.

 

Anna.

 

Egli non ama più il lavoro, da qualche tempo. Rimane lunghe ore assente; quando torna, è silenzioso. Vi ricordate, Bianca Maria, delle prime settimane, dopo il nostro arrivo? Vi ricordate del suo ardore? Anch'egli, come Leonardo, aveva immensi tesori da scoprire; ma nella sua propria anima. Sembrava che questa terra avesse, come nessun'altra, la virtù di esaltare il suo pensiero. L'onda della poesia era in lui così abondante ch'egli ne versava di continuo, quasi in ogni sua parola. Vi ricordate? Ora è taciturno e assorto.

 

Bianca Maria, quasi con trepidazione.

 

Forse medita qualche opera grande. Forse egli porta in sé il peso di qualche grande idea, ancora informe. Il suo genio sta forse per dare in luce qualche meravigliosa creatura.

 

Anna.

 

Egli parla volentieri con voi, Bianca Maria. Non vi ha nulla rivelato?

 

Bianca Maria, sempre con una leggera alterazione nella voce.

 

Che cosa potrebbe egli rivelare a me, che non abbia già rivelato a voi, cara Anna? Voi siete tanto vicina alla sua anima, tanto vicina!

 

Anna.

 

Io sono vicina alla sua anima come una mendicante presso una porta. Forse egli non ha più nulla da darmi.

 

Bianca Maria, dolcemente.

 

Perchè dite queste cose? Io vedo i suoi occhi quando si volgono a voi. Il suo sguardo ripete sempre ch'egli non ha nulla di più caro e che non trova nulla di più bello.... Come siete bella, Anna!

 

Anna.

 

Sembra che voi vogliate consolarmi di qualche bene ch'io abbia perduto....

 

Bianca Maria.

 

Perchè dite queste cose?

 

Anna, in ascolto.

 

Avete udito? Torna Alessandro. Guarda, nutrice, dalla loggia s'egli viene.

 

La nutrice, rimasta sempre seduta su i gradini impassibile, si leva e va su la loggia a guardare.

 

La nutrice.

 

Non c'è nessuno su la via.

 

Anna.

 

Mi pareva d'aver udito il passo del cavallo. Sarà egli ancora lontano? È già tardi.

 

Bianca Maria.

 

Dalla finestra della mia stanza si scorge tutta la via sino ad Argo. Vado a vedere s'egli è in cammino.

 

Esce per la seconda porta a destra.

 

 

 


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