Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La città morta
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ATTO QUARTO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Entra Alessandro. Egli è così assorto nel suo pensiero doloroso che non si accorge della presenza di Anna. Si dirige verso le sue stanze, muto.

 

Anna.

 

Alessandro!

 

Alessandro, trasalendo, arrestandosi.

 

Sei qui, Anna? Non ti avevo veduta. È quasi buio.

 

Anna.

 

Ti aspettavo.

 

Alessandro.

 

Ho tardato un poco. Su la via il vento levava una polvere così densa che era difficile avanzare. È il soffio del deserto. Sembra che la sera scenda come una cenere infiammata.... Dov'è Leonardo?

 

Anna.

 

È uscito, poco fa, con la sorella.

 

Alessandro, con voce malferma.

 

Non sai dove sia andato?

 

Anna.

 

È disceso alla fonte Perseia.

 

Entra la Nutrice portando la lampada accesa, ma mentre ella sta per posarla su la tavola, un soffio di vento la spegne. La porta, dietro di lei, si chiude con violenza.

 

La nutrice.

 

Ah, s'è spenta! Bisogna chiudere la porta delle scale. Il vento cresce.

 

Ella va a chiudere; poi torna verso la tavola a riaccendere la lampada spenta. L'aspetto di Anna esprime un terrore indistinto. Ella sta in ascolto, verso la loggia aperta, come chi cerchi di cogliere grida lontane. La Nutrice esce, a sinistra, richiudendo la porta dietro di .

 

Anna.

 

Alessandro, avvicìnati, ascolta....

 

Alessandro si avvicina inquieto.

 

Non odi? Non ti sembra di udire....

 

Alessandro.

 

Che cosa?

 

Anna non risponde.

 

È il vento che fischia nei fóri delle muraglie e sotto la Porta dei Leoni.

 

Anna.

 

Si prepara l'uragano?

 

Alessandro, salendo rapidamente alla loggia.

 

No. Il cielo è tutto libero. Cominciano ad apparire le stelle. La falce della luna è in cima all'Acropoli. Il vento fa un rombo singolare, nella città morta: forse ingolfandosi nelle buche dei sepolcri. Sembra un rullo di tamburi. Non senti?

 

Ella discende i gradini. Anna gli afferra il braccio, in preda a un'inquietudine implacabile.

 

Che hai, Anna?

 

Anna.

 

Sono inquieta.... Non posso vincere l'ansietà che mi stringe la gola.... Penso a quei due, laggiù....

 

Alessandro, con una commozione suprema, avendo franteso.

 

Perchè? Tu sai.... tu sai qualche cosa?... la cosa orribile?... Chi, chi ha potuto dirti.... Leonardo, forse? T'ha parlato Leonardo? Come ha potuto egli.... a te....

 

Anna, smarrita.

 

Ma che intendi tu? che credi tu?... No, no; egli non ha parlato, egli non m'ha detto nulla.... Io, io gli ho parlato, iersera, qui: io che sapevo, che già sapevo.... oh, ma senza lamento, senza rancore, Alessandro....

 

Alessandro.

 

Tu gli hai parlato, di quella orribile cosa! Hai avuto cuore di parlargliene, Anna! Ma come? come sapevi tu, di', come sapevi? Come hai potuto tu penetrare il suo segreto, mentre io stesso fino a ieri sera non avevo neppur l'ombra d'un sospetto! Dimmi: come?

 

Anna, sempre più smarrita.

 

Il suo segreto! Che intendi tu? Quale segreto? Di quale orribile cosa parli tu, Alessandro?

 

Alessandro, sconvolto, comprendendo l'errore.

 

Io intendevo....

 

Anna.

 

V'è un'altra cosa? V'è un'altra cosa?

 

Alessandro, prendendole le mani, dominando con uno sforzo la commozione che lo soffoca.

 

Ascoltami, Anna: tu che sai portare qualunque peso di dolore, tu che non hai mai temuto di soffrire e conosci tutte le tristezze della vita. Siamo in un'ora grave, assai grave. Un turbine violento ci trascina verso non so qual termine. Siamo la preda d'una forza oscura e invincibile. Tu senti, Anna, tu senti che un orrendo nodo s'è stretto omai e che bisogna reciderlo. Abbiamo evitato di parlare, fino a questo momento, perchè a me come a te ogni parola è parsa inutile e solo il silenzio è parso un modo di accettare le necessità degno di noi e di quel che noi fummo. Ora tutto precipita. È venuto per ciascuno di noi il momento di guardare in faccia il Destino.... Non giova chiudere gli occhi. Tutto quel che è, è necessario. Io ti domando dunque, Anna, la verità. Che accadde ieri sera? Io ti domando la verità.

 

Anna.

 

La verità.... Ah, non giova, non giova! In certe ore della vita nessuno sa quali parole sia meglio dire, quali portare sotterra.... Ieri chiesi perdóno a Leonardo, di aver parlato; così chiedo perdóno a te, Alessandro. Hai detto bene, hai detto bene: solo il silenzio è degno. Bisognava non interrompere il silenzio, per salvare qualcuno. Ma egli era .... Tante volte, tante volte io l'avevo sentito soffrire, soffrire crudelmente.... Mi pareva che io sola fossi la causa di tante angoscie, io sola: l'ingombro! E avevo una volontà fraterna di consolarlo, di fargli qualche bene, di mostrargli che tutto era stato compreso e anche risoluto.... E ieri sera non so quale abbandono fosse in lui, quando mi venne vicino: non so quale bisogno di confidenza.... Pareva ch'egli avesse pianto, che qualche cosa nel suo cuore si fosse disciolto.... Le stelle gli sembravano belle.... Allora provai il bisogno di fargli qualche bene; e gli parlai.... Gli parlai di quella povera creatura e di te.... Volli scacciare dalla sua anima ogni amarezza, ogni rancore ingiusto per quella cara creatura che non ha altra colpa se non d'amare e d'essere amata.... E gli parlai di lei, e gli parlai di te, senza lamentarmi, senza umiliarmi, ma dandogli qualche speranza....

 

Alessandro, sconvolto.

 

Qualche speranza! Ed egli.... credi tu ch'egli già sapesse? Ti sembrò, Anna, ch'egli già sapesse?... Non è possibile! Non è possibile! Poco prima egli m'aveva parlato....

 

Anna, smarrita.

 

Non sapeva?... Non sapeva?....

 

Sembra che, ripensando il suo colloquio, ella scopra qualche indizio non avvertito prima, e che il suo spirito s'illumini a un tratto. La sua esclamazione è come un grido contenuto.

 

Ah, forse!... Egli diceva di non comprendere.... Sì, sì.... Diceva: "Siete sicura? siete sicura?" E poi.... Ah, ma allora? Ma v'è un'altra cosa dunque, v'è un'altra cosa.

 

Alessandro si muove per la stanza incertamente, come uno che cerchi uno scampo e non lo trovi.

Alessandro, a bassa voce, parlando a medesimo.

 

Dopo quel che m'aveva rivelato!...

 

Anna.

 

Dimmi ora tu la verità, Alessandro! Ti domando la verità.

 

Alessandro, riavvicinandosi a lei.

 

E che fece egli? Dopo, che fece? Dove andò?

 

Anna.

 

Uscì, fuggì.... So dalla sorella ch'egli è tornato stamani all'alba.... Fino all'alba ella lo ha aspettato....

 

Alessandro.

 

Fuggire, fuggire.... Sembra che non si possa altro che fuggire....

 

Egli si muove incerto, non sapendo che risolvere.

 

Ah, quando ci riguarderemo negli occhi....

 

Anna, incalzando.

 

Ma dimmi tu ora la verità!

 

Alessandro.

 

E sono usciti insieme.... Sono discesi alla fonte.... Da quanto tempo?

 

Anna.

 

Pochi minuti prima che tu tornassi.

 

Alessandro.

 

Insieme.... insieme.... laggiù....

 

La sua agitazione cresce d'attimo in attimo.

 

Ed erano qui con te, prima d'uscire.... E che dicevano?

 

Anna.

 

No, io sono entrata mentre essi già scendevano le scale.... Li ho chiamati, ma non hanno risposto.... Ho mandato la nutrice a raggiungerli....

 

Alessandro.

 

Ebbene?

 

Anna.

 

Hanno detto che scendevano alla fonte per poco, per tornare fra poco.... Ma dimmi, dimmi!...

 

Ella afferra il braccio di Alessandro, mentre egli sta per salire alla loggia. Salgono così entrambi, scompaiono nell'ombra, verso la balaustrata. Dopo alcuni istanti, Alessandro rientra solo nella stanza. Obbedendo a un impulso istintivo egli corre alla porta, l'apre e discende le scale precipitosamente. La cieca appare nell'intercolonnio, ripresa dal terrore, nell'atto di seguire il marito.

 

Alessandro! Alessandro!

 

Nessuno risponde. Ella brancola nel vuoto, incontra una delle colonne; sostenendosi a quella, discende il primo gradino, poi gli altri.

 

Alessandro!... Non c'è più.... Sono sola.... Ah, Signore, datemi voi la luce!

 

Seguendo la corrente calda del vento che entra per la porta spalancata, ella va sino alla soglia; sostenendosi a uno degli stipiti, fa un passo verso le scale; scompare nell'ombra.

 

 

 


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