Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Elegie romane
Lettura del testo

Libro primo

Elevazione6.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Elevazione6.

Su, Elegia t’eleva! La notte è propizia ai dolenti.

Piangi la donna nostra, canta le lodi sue.

Giova, nell’alta notte, con lacrime lei richiamare?

Tutta nel verso vano l’anima mia si sface.

Ben, forse, lei nell’intimo petto l’angoscia martira;

lei riguardante cieli strani il desìo pur tiene.

Lei, forse, tiene il grato ricordo, se vago la luna

brivido le suscita nella solitudine;

più vivo ardor per me le comprende il pensiero, se a torno

languidi favellano gli alberi in colloquii.

Ahi, non indarno un tempo le cose parlavano amore!

Ma di gioire urgeva brama più forte noi

ebri di tal dolcezza cui gli astri effondean pel raggiato

etere, cui limpida piacqueci di bevere.

Vino immateriale in coppa invisibile, oh mira

ebrietà che tutto l’essere penetrando

fece rigati a noi di nuova delizia gli amplessi,

rese infiniti i brevi nostri mortali amori!

Forte il mio spirto ardendo occupò il suo cuore profondo

come la fiamma alàcre abita l’urna cava.

Di quell’amante vita nudrivasi ardendo il mio spirto,

come la fiamma a notte beve la pura oliva.

I pensier suoi pensai; la gioia e il dolor suo nel pieno

essere mio raccolsi; vidi per gli occhi suoi.

L’anima, le segrete dell’anima voci, il divino

ritmo del suo respiro, l’intimo di sue vene

fremito, e le latenti sue cure, e gli inganni de’ sogni,

e l’improvvise angosce, tutto io conobbi in lei.

Io, su lei chino, io tutti conobbi i concenti che solo

odonsi nel silenzio dolce del sangue suo,

quando gli innumerevoli palpiti in uno concordi

fingono la tremante calma d’estivo mare.

Io gli splendori ascosi dell’anima sua rivelai,

come con aurea chiave i penetrali aprendo;

e li diffusi in cerchi più vasti ove tutto m’immersi

avidamente, i fianchi cinto di forza nuova.

Tale, fra l’ignee chiome che spiega l’Aurora su ’l mondo,

aquila uscente a volo dalla nativa rupe:

invermigliati i fiumi salutan con tuoni il prodigio,

ridono le attonite fronti dell’alpe in giro:

unica quella al sommo rossor batte l’ali possenti;

tutte le aperte penne splendonle di baleni.



«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL