Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Elegie romane
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Libro secondo

Villa Chigi9.

I

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Villa Chigi9.

I

Sempre nelli occhi, sempre, avrò quella vista. Oh silente

pallida ignuda selva, non obliata mai!

Noi discendemmo piano, seguendo il famiglio, una scala

umida, angusta, dove l’ombra parea di gelo.

Ella era innanzi. A tratti, sostava. Mal certa su i gradi

ripidi, contro il muro ella tenea la mano.

Io la guardai. La mano bianchissima parvemi esangue,

parvemi cosa morta. Morta la cara mano

che tanti al capo sogni di gloria mi cinse, che tanti

sparsemi di dolcezza brividi nelle vene!

Soli restammo. Un fonte gemea roco a piè d’una loggia;

alto salìa l’antico feudo chigiano al cielo.

Erano sparsi fumi pel ciel come candidi velli.

Entro correavi un riso tenue d’oro; e i nudi

vertici della selva parean vaporare in quell’oro;

eran le felci al sommo èsili fiamme d’oro.

Ella tacea, guardando. Ma, tutta nelli occhi, la grave

anima dolorosa queste dicea parole:

Dunque nell’alta selva, che udisti cantar su ’l mio capo,

seppellirai tu, senza pianto, il tuo grande amore?

Intenderò io dunque nel dolce silenzio, che amammo,

la verità crudele? Dunque per questo, o amico

unico mio, per questo m’hai tu ricondotta ne’ cari

luoghi ove un giorno io parvi schiuder la primavera? —


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