Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Elegie romane
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Libro secondo

Villa Chigi9.

IV

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IV

Or chi guidava il nostro cammino? Forse un ricordo?

E perché mai varcammo la sconsolata altura?

Era per quell’altura (udiva io salendo alenare

la taciturna) un bosco ceduo. Tutti, ignudi,

grigi, sottili, i fusti sorgevano in una eguaglianza,

come di lance schiera ordinata in campo;

o non più tosto, anima mia, come un lungo solenne

ordine di cèrei spenti nell’aer muto?

Parvero a lei, per certo, così mentre ella passava.

Ella pensò la morte. Lessi nel suo pallore.

Tu mi vedrai morire. Vuoi tu, vuoi tu dunque ch’io muoia? —

lessi nelli occhi. — Pure, io non ti feci male.

Pure, io non altro feci che amarti, che amarti; non altro

feci che amarti sempre! Io non ti feci male. —

Vano ogni sforzo. Un freddo suggel mi chiudeva la bocca.

Un maleficio occulto dentro m’avea gelato.

Ma trasalimmo entrambi, sostando: un tronco abbattuto

attraversava il passo. Muti, sedemmo quivi.


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