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Il vóto10.
Discendevamo il colle, la sera d’aprile occupando
i colonnesi boschi umida argentea
mentre nell’ombra cantavano già gli usignuoli,
noti aulivano fiori anche invisibili.
Ella era muta; muto io era. Breve intervallo
era tra noi, tra i nostri deboli corpi: breve;
ma non quel colle, ma non quel lago, ma non il lontano
mare, ma non la sera fulgida aveva abissi
tanto profondi quanto l’abisso che muto tra noi
era… Oh discesa lenta per l’infinito clivo
mentre nell’ombra cantavano già gli usignuoli,
noti aulivano fiori anche invisibili!
Candido arrise il cielo. Recò nel sovrano candore
suon di campane l’Ave, giù da Castel Gandolfo.
Ci soffermammo. Ed ella (il suo lieve gesto mi pesa
nella memoria) dalla fronte dolente al petto
stanco segnò la croce: — indizi d’interna preghiera
alla sua bocca pallida salirono.
Quale fu il vóto? Invase pur me, in quel lume, un fervore
sùbito; e pur fervido sorse il mio vóto al cielo
— Ave, Maria. Voi fate, o Madre misericorde,
ch’ella non m’ami! Fate ch’ella non m’ami, o ch’ella
muoia! Togliete il truce amore all’anima sua,
misericorde Madre, e a me il supplizio!