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In un mattino di primavera 11.
Era il mattino. Un grave sopore teneva la donna
misera, su ’l guanciale pallido men di lei.
Fredda, composta, immota, parea profondata nel sonno
ultimo, nella pace ultima, su la bara.
Alito non s’udiva. Parea che le labbra premute
fossero dalla Morte, tanto eran chiuse e pure.
— Non ti destare, non ti destare — pregai nel segreto
cuore — se vuoi ch’io t’ami! Sieno per sempre chiuse
queste tue labbra; e ancóra ancóra saranno divine.
Ritroverò per queste labbra i sovrani baci.
Ritroverò la mia più lenta carezza per questa
fronte che amai, per queste gote che amai, per queste
pàlpebre al fin su ’l tuo dolce insostenibile sguardo
chiuse; e per queste chiuse labbra i sovrani baci! —