Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Elegie romane
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Libro secondo

In un mattino di primavera 11.

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In un mattino di primavera 11.

Era il mattino. Un grave sopore teneva la donna

misera, su ’l guanciale pallido men di lei.

Fredda, composta, immota, parea profondata nel sonno

ultimo, nella pace ultima, su la bara.

Alito non s’udiva. Parea che le labbra premute

fossero dalla Morte, tanto eran chiuse e pure.

Non ti destare, non ti destarepregai nel segreto

cuore — se vuoi ch’io t’ami! Sieno per sempre chiuse

queste tue labbra; e ancóra ancóra saranno divine.

Ritroverò per queste labbra i sovrani baci.

Ritroverò la mia più lenta carezza per questa

fronte che amai, per queste gote che amai, per queste

pàlpebre al fin su ’l tuo dolce insostenibile sguardo

chiuse; e per queste chiuse labbra i sovrani baci! —



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