Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Elegie romane
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Libro terzo

La sera mistica13.

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Libro terzo

La sera mistica13.

Sul Tevere, all’Albero Bello

Anima, non è questa la pia solitudine amica,

l’alta che noi cercammo riva letèa d’oblìo?

Regna il Silenzio i luoghi. Nel vespro il Tevere splende:

l’onda perenne ei reca della sua pace al mare.

Guardano il padre fiume le querci immote, ch’ei nutre,

spiriti nella dura còrtice meditanti;

esseri paghi: bevono l’acqua con l’ime radici,

godon raccorre i soffi tiepidi nelle chiome.

Dicono a me le querci: — Noi molti vedemmo dolori,

truci dolori umani, piangere lungo il fiume.

Sorgere udimmo al cielo gridi ultimi di morituri.

Ebri di morte, quelli chiesero ai gorghi oblìo.

Anima stanca, vieni. Benefica è l’ombra. Nell’ombra

è la saggezza. Vieni. Solo nell’ombra è pace.

Vieni. A noi caro è l’uomo pensoso. Qui Claudio si piacque

mescere ai grandi nostri pensieri i suoi. —

Dicon le querci. A specchio del fiume rosseggia, tra ’l bosco

memore, la deserta casa del Lorenese.

Claudio, pittor sereno, voi forse udite? Anche forse

abita il vostro dolce spirto la dolce casa?

Forse lo sguardo esplora nell’umido ciel le fuggenti

nubi che in su le tele nobilitò la mano?

O, testimone eterno, contempla il fiume che passa?

Tacito passa il fiume, tacito come il Lete.

Regna il silenzio. È questa la pia solitudine amica,

l’alta che noi cercammo riva letèa d’oblìo?

Suon di campane i vènti le recano, unica voce.

Questa da te le giunge unica voce, o Roma.

Ave. La pace è in alto. Nel cuore dell’umile scende.

Anima triste, prega. la preghiera oblìo. —

Alzan di lungi fiamma, come ardui cèrei, le torri.

Averisponde il vinto umiliato cuore.



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