Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le faville del maglio
Lettura del testo

DELLA DECIMA MUSA E DELLA SINFONIA DECIMA

DIALOGO DELLA CONVALESCENZA

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

DIALOGO DELLA CONVALESCENZA

Senza data. Colle del Trappeto.

la madreGabriele.

gabriele Ho dormito. Quanto ho dormito, mamma? Col capo su le tue ginocchia.

la madre Forse due ore, figliuolo.

gabriele Due ore soltanto? Non può esser vero.

la madre Ti senti riposato?

gabrieleRinato, mamma. Tu m’hai ripreso nel tuo grembo; m’hai riavvolto nella tua vita; m’hai tenuto nascosto nel tuo silenzio. E m’hai messo al mondo un’altra volta. Sento ancóra tutte le mie radici in te.

la madre Potessi veramente darti da bere quant’ho di sangue per rifarti lieto e forte, figliuolo mio!

gabriele Sono già forte. Non temere per me. Diventerò sempre più forte. Se tu poni l’orecchio contro il mio cuore, sentirai.

la madre Hai la fronte bagnata di sudore.

gabriele Oh, appena. Ti ricordi quando mi colava a traverso i guanciali? quando tutta quella fuliggine amara mi riempiva la bocca? La spalancherò per respirare, per saziarmi d’aria. Aprirò le braccia e le tenderò perché questa vecchia terra d’Abruzzi ringiovanita e questo fiume della mia abbondanza e questo mare della mia fedeltà e la Maiella della mia preghiera e i sepolcri e i macigni che amo sieno più vicini al mio petto. Sono salvo, e sono nuovo. Mi sembra che nel sonno tu m’abbia creato un destino più profondo.

la madre Ch’io ti vegga rifiorire! Ch’io ti sappia felice, figlio!

gabriele Sì, certo. Ora conosco una felicità terribile; che sa portare qualunque peso, trangugiare qualunque fiele. Vuoi che io ti dica un segreto?

la madre Quale?

gabriele No, non ti sbigottire. Pensi tu che io ne abbia… un altro? Questo che io ti dico è gaudioso: Gesù non patì quando per l’erta portò su la spalla il patibolo. Tu credi che io sia ancóra fiacco. Ma se tu sapessi quel che il convalescente è capace di sostenere oggi su le sue braccia!

la madre Non t’affannare, non t’agitare. Sei già divenuto più pallido.

gabriele Ti ricordi tu di quel Sulmontino che, per prodezza, il giorno della fiera, da solo legava insieme le quattro zampe al giovenco e lo sollevava da terra? Così io faccio della bestia oscura che cresceva dentro di me e minacciava di soverchiarmi. La lego e la sollevo, e poi la marchio per la sua servitù. E mi scrollo, e me ne vado pel mio cammino libero.

la madreGabriele, vieni accanto a me. Siediti. Lascia che io ti tocchi la fronte. Ho paura che ti torni la febbre.

gabriele E il delirio?

la madre Tu soffri.

gabriele Il delirio di primavera! È entrato anche nelle querci, anche nelle canne. La vitalba dev’esser fiorita; e, lassù, al colle d’Orlando, l’erba dev’essere men folta delle mammole. Domani voglio ridiscendere alla Pescara, voglio ritrovare quel sandalo sdrucito che lasciai tra i salci, quadrato davanti e di dietro come una cassa fatta alla mia misura. Voglio rimaner tutto il giorno, ad ascoltare il canto delle allodole e a guardare la neve santa della Maiella.

la madre Tu soffri.

gabrieleGuarda laggiù sul mare: un pugno d’uomini è raccolto sopra un navicello, carico di non so che cosa, carico d’anima; e vivono, piantati sul ponte, attenti alla manovra, validi e integri; e la vita appartiene a ciascuno, e quegli non la ad altri. La forza esiste, la volontà esiste.

la madre Tu soffri. Vieni, vieni ancóra accanto a me, figliuolo mio. Parlami. Dimmi la tua angoscia. Ti guarirò, ti consolerò.

gabriele La pietà! Il titano della nostra razza, il titano d’Italia, t’ha scolpita già da quattrocentanni. Non hai tu sempre su le tue ginocchia resistenti il corpo del crocifisso? Lo so. Ti sembra che io debba ancóra soffrire, perché tu possa amarmi ancor più. «M’hanno tradito e schernito; m’hanno trascinato sul monte; m’hanno scagliato le pietre; m’hanno inchiodato al legno.» Vuoi che ti dica così? Per tutta la vita vuoi medicare le mie piaghe?

la madre Ah, non ti difendere anche contro la tua madre! Che ti ho fatto? So che tutto il mio amore è vano.

gabriele No, no. Sono tuo. Sono il sangue del tuo sangue. Ti son rimasto legato per un legame vivo che ancóra si parte dal centro della mia sostanza. Tu séguiti a nutrirmi. La parte migliore di me, quella che non conosco, quella che non s’è rivelata né a me né ad alcuno, tu la custodisci ancóra nel tuo profondo. Lo so. Mi senti ancóra palpitare in te come quando ero per nascere.

la madreFiglio, mi torni?

gabriele Non mi son partito da te se non per apprendere. Non m’hai tu fatto per il conoscimento?

la madre T’ho fatto perché tu vinca il dolore e tu ti superi nell’opera.

gabriele Non te l’ho detto? Non t’ho parlato della mia felicità spaventosa? Tutto il mio lungo male non fu una vittoria su me stesso?

la madreLascia che io ti aiuti a sostenere la tua vittoria.

gabriele Perché mi diminuisci? Non basto solo?

la madre Non posso dunque più niente per te!

gabriele Sì, puoi la cosa più grande e la compi: mi fai riconoscere in te la mia origine, l’azione a cui m’hai generato, la forza severa che m’hai trasmessa. Mi fai riudire nel cuore la mia voce di giovinetto – te ne ricordi? – la mia voce selvaggia e roca ed ebra d’amore e di dolore, che un giorno ti chiamò Buonarrota, davanti al tuo prodigio d’amore e di dolore. Ultimo sangue di Michelangelo, orgoglio della mia povertà! Te lo dico: non sono più con le mani trafitte su le tue ginocchia di marmo; ma voglio omai somigliare per te a quel giovine alzato che calca la schiena del prigioniero.




«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL