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La sposa apparirà su la soglia, vestita di verde, sospinta dalle tre cognate.
SPLENDORE: Ecco la sposa. L'abbiamo vestita
con l'allegrezze della primavera.
FAVETTA: L'oro e l'argento nella pettorina,
ma nel resto color d'erba serena.
ORNELLA: Voi prendetela nelle vostre braccia,
o cara madre, e voi la consolate!
SPLENDORE: Su la proda del letto a lacrimare
noi la trovammo, a piangere di pianto
pel pensiere di quella che è deserta.
ORNELLA: Pel vaso di garofali che soffre
sul davanzale ov'ella non s'affaccia.
Voi prendetela nelle vostre braccia!
CANDIA: Nuora, nuora, segnai con questo pane
il sangue mio; ed ecco, ora lo spezzo,
lo spezzo sul tuo capo rilucente.
Fa crescere la casa d'abondanza,
come il lièvito buono che ogni volta
fa traboccar la pasta dalla madia.
Portami pace e non portarmi guerra.
LE TRE SORELLE: Così sia, madre. Baciamo la terra.
(Si chineranno, toccheranno la terra con la destra, e questa recheranno alle labbra. Aligi sarà prostrato come chi prega, in disparte).
CANDIA: O nuora mia, per la tua casa nova
sii come per il fuso il fusaiuolo,
come per la matassa l'arcolaio,
come per il telaio la navicella.
LE TRE SORELLE: Così sia, madre. Baciamo la terra.
CANDIA: Nuora Vienda, per l'anima tua,
ecco, io ti metto in mezzo al pane mondo.
Le mura della casa, i quattro canti
- là il sole in Dio si leva e là si colca,
quello è bacio e quello è solatìo -,
il colmigno e la gronda col suo nido,
gli alari e le catene del camino
chiamo, e il mortaio che pesta il sale bianco
e l'alberello che lo custodisce,
o nuora, chiamo a testimonianza:
come t'ho messa in mezzo al pane mondo
così ti metto in mezzo al core mio,
per questa vita e per la vita eterna.
LE TRE SORELLE: Così sia, madre. Baciamo la terra.
(La nuora chinerà il volto lacrimoso sul petto della suocera che la cingerà con ambe le braccia tenendo tuttavia nell'una mano e nell'altra le due parti del pane. Si udranno le grida dei mietitori. Aligi trasalterà, e andrà verso la porta. Le sorelle accorreranno).
FAVETTA: I mietitori il gran sole gli impazza,
e come cani abbaiano a chi passa.
SPLENDORE: I mietitori fanno l'incanata.
Nel vino rosso mai non metton acqua.
ORNELLA: E per ogni mannella una sorsata,
e il piede della bica è la caraffa.
FAVETTA: Gesù Signore, che vampa d'inferno!
Comare Serpe si morde la coda.
ORNELLA: Ahi mercé, spiga spiga, paglia paglia,
la falce pria v'abbrucia e poi vi taglia.
SPLENDORE: Ahi mercé, padre, per le braccia tue
che son piene di vene alla bisogna.
ORNELLA: O Aligi, Aligi, annuvolato sposo,
il sonno nelle nari t'è rimaso.
FAVETTA: Tu la sai bene la canzon rovescia.
Il tuo pan tu l'hai messo nella fiasca
ed il tuo vino dentro la bisaccia.
SPLENDORE: Ecco le donne! Ecco le donne! Vengono.
Su, su, Vienda. Asciùgati le lacrime.
Madre, che fate? Vengono. Scioglietela.
Su, capo d'oro. Asciùgati le lacrime,
ché troppo hai pianto e i belli occhi ti soffrono.
(Vienda s'asciugherà il volto col grembiale. Poi nel grembiale, preso per le cocche, riceverà dalla suocera il pane spezzato).
CANDIA: In sangue e latte me lo devi rendere!
Ora, su, vieni. Siediti sul trespolo.
Oh Aligi, e tu anche. Vieni. Svégliati.
L'una di qua, l'altro di là. Sedetevi
qui, figli, all'uscio della vostra camera,
che bene aperto sia, ché s'ha da scorgere
il letto grande, grande che per empiere
il sacco, dico, io ebbi a manomettere
tutto un pagliaio e ci rimase l'anima,
lo stollo nudo con in vetta il péntolo.
(Ella e Splendore porranno due trespoletti contro gli stipiti, e sópravi faranno sedere gli sposi, che composti e immobili si guarderanno. Ornella e Favetta spieranno dalla soglia della porta esterna, al sole ardente).
FAVETTA: Ecco, vengono su per la viottola,
tutte in fila: Teòdula di Cinzio,
la Cinerella, Mònica, Felàvia,
la Catalana delle Tre Bisacce,
Anna di Bova, Maria Cora... E l'ultima?
CANDIA: Vieni, Splendore, aiutami a distendere
meglio la coltre; che di seta doppia
io te l'ho fatta, nuora cara, e vérzica
come un pratello d'erba vetturina
dove tu sei la pecchia mattutina.
(Entrerà con Splendore nella camera nuziale).
ORNELLA: Non t'apponi, Vienda? Chi è l'ultima?
Nella canestra ha oro di calbigia,
oro che brilla. Chi può esser mai?
Sotto la spara la sua tempia è grigia
come le piume che fa la vitalba.
FAVETTA: La tua vecchia, Vienda, la tua vecchia!
(Vienda si leverà, tratta dal balzo del cuore, come per correre in contro; ma nel movimento si lascerà sfuggire dal grembiale il pane spezzato. S'arresterà, sbigottita. Si udranno, di dentro, i colpi dati con la mano aperta a sprimacciare le materasse).
ORNELLA (con la voce soffocata): Ah! Libera nos, Domine! Raccatta,
raccatta e bacia, che mamma non veda.
(Vienda, come impietrita dal terrore superstizioso, non si chinerà a raccogliere ma guaterà con occhi sgomenti i due pezzi del pane caduti a terra. Aligi, levatosi, occuperà il vano dell'uscio come per impedire la vista alla madre).
FAVETTA: Raccatta e bacia, ché l'Angelo piange.
Fa un vóto muto, il più grande che puoi.
Chiama San Sisto, se vedi la morte.
(S'udranno i colpi delle sprimacciate. Verranno sul vento, di men lungi, le grida dei mietitori).
ORNELLA: San Sisto, San Sisto,
tu caccia da questa
tu caccia da noi;
Qui faccio la croce.
(Mormorando lo scongiuro, ella raccatterà rapidamente i due pezzi del pane, li premerà l'un dopo l'altro su la bocca della cognata, poi li riporrà nel grembiale, col pollice vi farà il segno. E trarrà gli sposi a risedére, mentre la prima delle donne con l'offerta frumentaria apparirà nel vano della porta soffermandosi dinanzi alla cintura tesa).