Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La figlia di Iorio
Lettura del testo

ATTO SECONDO

Scena seconda

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Scena seconda

 

 

Il santo aprirà le braccia sollevando il volto di su i ginocchi.

 

MILA: Cosma, Cosma, che sogni? Di': che sogni?

 

(Cosma si sveglierà e si leverà).

 

ALIGI: Che hai veduto? Di': che hai veduto?

 

COSMA: Spaventi si son vòlti contro a me.

Io ho veduto... Ma non debbo dire.

Ogni sogno, che vien da Dio, purgato

sarà col fuoco prima d'esser detto.

Io ho veduto, e certo parlerò.

Ma ch'io non usi indegnamente il Nome

dell'Iddio mio per giudicare, quando

la caligine è ancóra sopra a me.

 

ALIGI: O Cosma, tu sei santo. Per molt'anni

ti sei lavato con acque di neve.

Con l'acque che traboccano dai monti

dissetato ti sei davanti al Cielo.

Oggi dormito hai nella mia caverna,

sul vello della pecora mondato

col solfo perché l'Incubo si fugga.

Nel tuo sonno hai veduto visioni.

Lo sguardo del Signore è sopra a te.

Soccorrimi del tuo intendimento.

Or io ti parlerò, e tu rispondimi.

 

COSMA: Imparata non ho la sapienza,

giovine, e non ho pur l'intendimento

che ha il sasso nel cammino del pastore.

 

ALIGI: O Cosma, uomo di Dio, stammi a sentire.

Io ti priego per l'Angelo che è chiuso

in quel ceppo e non ha orecchi e ode!

 

COSMA: Parla parole diritte, pastore;

e la tua confidanza non in me

poni ma nella santa verità.

 

(Malde e Anna Onna si desteranno e si leveranno sul cubito ad ascoltare).

 

ALIGI: Cosma, questa è la santa verità.

Dal piano di Puglia mi tornai a monte

con la mia mandra il del Corpusdomini.

Com'ebbi preso luogo d'addiacciare,

scesi alla casa per i miei tre giorni.

E trovo nella casa la mia madre

che mi dice: «Figliuolo, voglio darti

donna». Io le dico: «Madre, guardo sempre

il tuo comandamento». Ella mi dice:

«Bene, è questa la tua donna». Si fanno

le sposalizie. Il parentado viene

e m'accompagna la sposa alla porta.

Io era come un uomo all'altra riva

d'una fiumana, che vede le cose

di dall'acqua e tra mezzo passare

vede l'acqua, che passa eternamente.

Cosma, fu la domenica. Bevuto

io non avea papavero nel vino.

Tuttavia perché mai sì grande sonno

mi venne sopra il cuore ismemorato?

Io credo che dormii settecent'anni.

Il lunedì ci alzammo a ora tarda.

E la mia madre ruppe il suo panello

sul capo della vergine che pianse.

Io non l'avea già tocca. E il parentado

venne con le canestre del frumento.

Ma io muto mi stava in gran tristezza

come fossi nell'ombra della morte.

Ed ecco d'improvviso entrare quivi

tutta tremante questa creatura.

I mietitori la perseguitavano,

cani!, che la volevano conoscere.

Ed ella ci pregava la salvezza.

E niuno di noi, Cosma, si mosse.

Sola la mia più piccola sorella

corre e s'ardisce chiudere la porta.

Ed ecco che la porta da quei cani

è percossa con ogni vitupèro.

E s'apre contro questa creatura

bocca di frode con parole d'odio.

E il parentado vuol gittarla al branco.

Ed ella trista presso il focolare

chiede pietà, che non ne faccian strazio.

Ma io stesso l'afferro e la trascino,

per odio e frode: e trascinar mi sembra

il mio cuore di quando era fanciullo.

Ed ella grida, ed io sopra di lei

levo la mazza. E le sorelle piangono.

Ed ecco, dietro a lei, Cosma, con queste

pupille vedo l'Angelo che piange!

Lo vedo, o santo! L'Angelo mi guarda

e piange, e tace. Io cado ginocchioni.

Perdóno chiedo. E, per punire questa

mia mano, prendo di sul focolare

un tizzo ardente: «No, non ti bruciare

grida la creatura. E poi mi dice.

O Cosma, o santo, con acque di neve

tu ti sei battezzato alba per alba;

e tu, vecchia, conosci tutte l'erbe

che sànano la carne cristiana,

sai la virtù di tutte le radici;

e tu, Malde, con quella tua forcina

tu saper puoi dove i tesori sien

nascosti a piè dei morti che son morti

or è cent'anni, or è mill'anni, è vero?..

e profonda, profonda è la montagna.

Or io vi chiederò: Voi che sentite

venir le cose di tanto lontano

quella voce di qual mai lontananza

venne e parlò perché l'udisse Aligi?

Rispondetemi voi! Ella mi disse:

«E come pascerai tu la tua mandra

se la tua mano ti s'inferma, Aligi

E con questa parola ella mi colse

l'anima mia di dentro le mie ossa

così, come tu, vecchia, cogli un semplice!

 

(Mila piangerà silenziosamente).

 

ANNA ONNA: V'è un'erba rossa che si chiama Glaspi

e un'altra bianca che si chiama Egusa,

e l'una e l'altra crescono distanti;

ma le ràdiche loro si ritrovano

sotto la terra cieca e s'annodano,

tanto sottili che neppur le scopre

Santa Lucia. Diversa hanno la foglia

ma fan l'istesso fiore, ogni sett'anni.

E questo è anche scritto nelle carte.

Cosma sa le potenze del Signore.

 

ALIGI: Ascolta, Cosma. Il sonno d'oblianza

m'era stato mandato al capezzale,

da chi? La mano innocente aveva chiuso

la porta di salute; e m'era apparso

l'Angelo del consiglio; e una parola

di labbra s'era fatta pegno eterno.

Qual era dunque la mia donna, innanzi

al buon frumento, al pane mondo e al fiore?

 

COSMA: Pastore Aligi, la stadera giusta

e le giuste bilance son di Dio.

Tuttavia prendi pure intendimento

da Colui che t'ha fatta sicurtà;

prendi pegno da Lui per la straniera.

Ma quella che non fu tocca, dov'è?

 

ALIGI: Mi partii per lo stazzo dopo vespro,

la vigilia di San Giovanni. All'alba

io mi trovai di sopra a Capracinta

e stetti ad aspettare il sole. E vidi

dentro dal cerchio sanguinare il capo

del Decollato. Poi venni allo stazzo,

ripresi a pasturare e a dolorare.

E mi parea che mi durasse il sonno

e la mandra brucasse la mia vita.

Allora il cuore mio chi lo pesò?

O Cosma, vidi prima l'ombra e poi

la sua persona, , sul limitare.

Era il giorno di Santo Teobaldo.

Stava seduta questa creatura

sopra la pietra; e non poté levarsi

ché i piedi eran piagati. Disse: «Aligi,

mi riconosci?» Io dissi: «Tu sei Mila».

E non parlammo più, ché più non fummo

due. Né quel giorno ci contaminammo

dopo mai. Lo dico in verità.

 

COSMA: Pastore Aligi, tu hai certo accesa

una làmpana pia nella tua notte

ma tu l'hai posta in luogo di quel termine

antico che inalzarono i tuoi padri.

Tu rimosso hai quel termine sacrato.

E se questa tua làmpana si spegne?

Il consiglio nel cuor dell'uomo è un'acqua

profonda; e l'uomo pio l'attignerà.

 

ALIGI: Io prego Iddio che ponga sopra a noi

il suggello del sacramento eterno!

Vedi che faccio? Con l'anima in mano

lavoro questo legno, a simiglianza

dell'Angelo apparito. Incominciai

nel giorno dell'Assunta, pel Rosario

lo vo' compire. Or ecco il mio disegno.

Calerò con la mandra verso Roma;

e porterò quest'Angelo con meco

sopra una mula. Andrò dal Santo Padre

nel nome di San Pietro Celestino

che sul Morrone fece penitenza,

me n'andrò dal Pastore dei Pastori

con questo vóto a chiedere dispensa,

perché colei che non fu tocca torni

alla sua madre, sciolta dal legame,

ed alla mia conduca io la straniera

che sa piangere senza farsi udire.

Ora domando al tuo conoscimento,

Cosma: La grazia mi sarà concessa?

 

COSMA: Tutte le vie dell'uomo sembran dritte

all'uomo; ma il Signore pesa i cuori.

Alte mura, alte mura ha la Città,

e gran porte di ferro, e intorno intorno

gran sepolture dove cresce l'erba.

L'agnello tuo non bruchi di quell'erba,

pastore, Aligi. Interroga la madre...

 

UNA VOCE (di fuori gridando): Cosma, Cosma! Se sei dentro, esci!

 

COSMA: Chi m'ha chiamato? Avete udito voce?

 

LA VOCE: Esci, Cosma, pel sangue di Gesù!

O cristiani, fatevi la croce!

 

COSMA: Eccomi. Chi mi chiama? Chi mi vuole?

 

 


«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL