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Mila guarderà la donna con una tristezza composta, e la rassegnazione disperata farà sorda e tarda la sua voce.
MILA: Perdóno, passeggiera di Cristo.
L'olio è sparso, e rotto l'utello.
vuoi? Vuoi mortaio e pestello?
L'AMMANTATA (con la voce tremante): Figlia di Iorio, venni per te,
per dimandarti una grazia.
MILA: Ah voce di cielo, nel mezzo
L'AMMANTATA: Per te venni dall'Acquanova.
MILA: Ornella! Ornella tu sei!
(Ornella si scoprirà la faccia).
ORNELLA: Sono la sorella di Aligi,
MILA: Ti bacio i tuoi piedi umilmente,
che ti portarono a me
perch'io rivedessi il tuo viso
nell'ora dell'ambascia mortale.
Tu alla pietà fosti la prima
ORNELLA: Se la prima fui, penitenza
MILA: Ti trema la voce tua dolce.
Nella piaga il coltello che trema
fa più strazio, ah quanto più strazio!
E tu non lo sai, giovanetta.
ORNELLA: Sapessi quale ho io dolore!
per quel poco di bene ch'io feci!
venni, dove si piange e perisce.
MILA: Perché vestita sei a lutto?
Forse... forse... la cognata tua?
ORNELLA: Ah quella vorresti tu morta!
MILA: No, no. Dio mi vede. Ho temuto,
Dimmi, dimmi: Chi dunque? Rispondi,
ORNELLA: Nessuno ancor ci morì,
ma tutti il lutto si fa
Però se vedessi tu quella,
venne la state nera, venne
ché più tristo l'anno bissesto
non poteva a noi essere. Pure,
quand'io chiusi la porta a salvarti,
tu non parevi già dispietata,
E tu mi dimandasti il mio nome
E al mio nome è fatta vergogna
e vituperata e cacciata
io sono in disparte, ché ognuno
grida: «Eccola dunque colei
che mise la spranga alla porta
perché dentro restasse il malanno
appiattato nel focolare».
E più non posso. E dico: «Piuttosto
e a pezzi stracciatemi». Questa
è la mercé, Mila di Codra.
MILA: È giusto, è giusto che tu
m'abbeveri in questa amarezza,
con questo patimento accompagni
la mia colpa nel mondo di giù.
Forse per me il sasso e la stipa
e la paglia e il legno insensato
parleranno, e l'Angelo muto
che al fratel tuo è vivo in quel ceppo
e la Vergine senza il suo lume
parleranno; e non io parlerò.
ORNELLA: Creatura, ora sembra che a te
l'anima tua sia vestimento
e ch'io possa toccarla stendendo
tremi tutta. Fra poco la pelle
le si schianta su l'ossa per l'arido,
son che i denti nella sua bocca.
E, come cadeva la prima
pioggia, sabato, mamma ci disse
piangendo: «Ecco, ecco, ora sen va,
nella frescura si piega e si disfa».
Ma non piange il mio padre: il suo fiele
(San Cesidio e San Rocco ci guardi!)
e nell'enfiagione la bocca
gli lasciò per dì e notte latrare.
Tutto un fuoco scuro eragli il capo.
e noi sbigottivamo... Tu batti
i denti, creatura. Hai la febbre,
MILA: Sempre, a calata di sole,
m'entra addosso il freddo; ché usa
A quest'ora s'accendono i fuochi.
ORNELLA: Ieri da un motto compresi
Allora apprestai questa còscina.
tutte e tre segnate al dolore.
E stanotte lasciai l'Acquanova,
Che posso io fare per te?
che quando eri presso il camino
e i mietitori incanivano.
MILA: E tu l'hai scontrato? Tu sai
che venuto egli è allo stazzo?
Sei certa, Ornella, sei certa?
ORNELLA: Non l'ho più veduto. Né so
s'egli siasi partito per monte.
al Gionco. E forse non viene.
Non isbigottire! Ma sentimi,
abbi pentimento e rimuovi
questo malificio da noi.
Ridónaci Aligi: e con Dio vatti,
che abbia misericordia di te!
MILA: Sorella d'Aligi, contenta
sempre sono a te d'ubbidire.
me femmina malvagia, me figlia
di mago, svergognata sortiera,
Forse dietro a me l'Angelo piange
un'altra volta; e forse le pietre
per me parleranno, ma io
non parlerò. Soltanto, pel nome
di sorella, ti dico (se il vero
non dico, in questo punto sobbalzi
e pe' capegli prendami e in nera
terra mi sbatta e testimonio
faccia contro la figlia bugiarda)
soltanto ti dico: Io son senza
peccato inverso il fratel tuo.
Te lo dico: Innanzi al giaciglio
ORNELLA: Dio possente, miracolo fai!
MILA: E questo è l'amore di Mila,
questo è l'amor mio, giovanetta.
Altra cosa non parlerò.
Contenta sono a te d'ubbidire.
Sa le sue vie la figlia di Iorio;
e incamminata già s'era
l'anima sua, prima che tu
venissi a chiamarla, o innocente.
d'Aligi, che non hai d'onde.
ORNELLA: Fede ho più ferma che pietra.
Tra ciglio e ciglio t'ho vista
la verità. E il resto è caligine.
Per ciò ti bacerò i tuoi piedi
T'accompagnerò nel viaggio
tutti i tuoi passi e ti sia
rallentato il dolore ad ognuno.
non più la metterò sopra te.
Non giudicherò la sciagura.
Non giudicherò l'amor tuo.
sei senza peccato, in cuor mio
la mia suora sbandita; e vederti
vo' talvolta ne' sogni dell'alba.
già gli occhi, e fossero queste
ORNELLA: Per la vita tua ho parlato.
non ti manchi un po' di viatico.
Per te apprestai questa còscina
col mangiare e col bere (ora l'olio
è versato!); ma un fiore non misi,
MILA: Un fiore turchino, l'acònito,
messo non me l'hai nella còscina:
e messo non m'hai né il lenzuolo
ORNELLA: Mila, aspetta l'ora da Cristo.
Dov'è il fratello? Allo stazzo
MILA: Tornerà, certo, prima di notte.
Bisogna ch'io m'affretti, bisogna.
ORNELLA: Non vuoi tu rivederlo? parlargli?
Dove andrai tu di notte? Rimanti
e anch'io mi rimarrò nel ricetto,
e dinanzi al dolore saremo
noi tre. Poi all'alba tu andrai
per la tua via, noi per la nostra.
MILA: Son già lunghe le notti. Bisogna
Te lo dico: Da lui anche m'ebbi
il viatico, che non si può
dare due volte. Addio. Vagli incontro,
cercalo: ora è certo allo stazzo.
Trattienilo intanto; raccontagli
E ch'ei non m'insegua! Ma in via
al suo dolore come al mio fosti.
Addio, Ornella, Ornella, Ornella!
(Ella così parlando si ritrarrà di continuo verso l'ombra del fondo; mentre la giovanetta, soffocata dal singulto, si allontanerà fuggendo. Riapparirà sul limitare la vecchia dell'erbe. Ancor si udrà, ma sempre più fievole, il cantare dei pellegrini giù per il valico).