Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La figlia di Iorio
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ATTO SECONDO

Scena sesta

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Scena sesta

 

Mila di Codra lascerà cadere la sacca strappata alla vecchia; e guarderà l'uomo sopraggiunto, alto nel campo del chiarore. Ma, riconoscendolo, gitterà un grido e si rifugerà nell'ombra del fondo. Allora Lazaro di Roio entrerà, in silenzio, portando una corda avvolta al braccio, come un bifolco che abbia sciolto il bue. Si udrà sonare sul sasso la stampella frettolosa di Anna Onna andata in salvo.

 

LAZARO DI ROIO: Femmina, non avere paura.

Lazzaro di Roio è venuto

ma senza portare la falce;

ché a pena di talione

obbligarti non vuole. Cavato

più che un'oncia di sangue gli fu

sul campo di Mispa; e tu sai

la cagion della sciarra e la fine.

Che tu gli renda oncia per oncia

non vuole, se bene gli brucia

la cicatrice nel capo.

Penna nera e fronda d'ulivo,

olio forte e filiggine di camino,

mane e sera, sera e mane

per la resipola cane!

 

(Riderà d'un riso breve e crudo).

 

E, dov'era colcato, sentiva

piangere e lagnare le donne

non per lui ma sì pel pastore

magato da una magalda

su la montagna distante.

Certo, femmina, male scegliesti.

Ma s'è rifatto il mio sangue,

e troppe altre parole non dico,

ché la lingua risecca m'è già;

ed è sempre l'istessa cagione.

Or tu verrai meco senz'altre

parole, figlia di Iorio.

Ho quaggiù l'asina e il basto

e anco una corda di canapa

e una di sparto, Dio grazia.

 

(Mila resterà immobile, addossata alla roccia, senza rispondere).

 

Hai tu inteso, Mila di Codra?

O mutola e sorda sei fatta?

Or io te lo dico con pace:

Ben so come fu quella volta

dei mietitori di Norca.

Se pensi di star contro me

su l'istesse difese, t'inganni.

Qui non v'è focolare, né v'è

parentado; né Santo Giovanni

suona la campana a salute.

Io muovo tre passi e ti prendo.

E due buoni compari ho con meco.

Per ciò, te lo dico con pace,

t'è meglio farti grado di quello

a che la necistà ti costringe.

 

MILA: Che vuoi tu da me? Sopraggiunto

sei quando la morte era ,

che s'è tratta da parte a lasciarti

entrare, e rimasta è pur .

Raccatta quella sacca. V'è dentro

ràdica da ammazzar dieci lupi.

E tu légamela alla mascella

tu stesso, ché io di buona bocca

dentro vi mangerò - tu vedrai -

come la giumenta che trita

la sua biada. Poi anche me

raccattami fredda e sul basto

mettimi traverso legata

con le tue corde e mandami giù

con l'asina innanzi al balivo

dicendo: «Ecco la svergognata

sortiera!» E m'ardano il corpo,

e vengan le tue donne a guardare

e si rallegrino. Forse

una caccerà la sua mano

nelle fiamme senza bruciarsi,

per trarne fuora il mio cuore.

 

(Lazaro, alla prima incitazione, avrà raccattata la sacca dei semplici e scrutata. La gitterà dietro a sé con diffidenza e dispregio).

 

LAZARO: Ah, ah, tu mi vuoi tendere un laccio.

Chi sa a che agguato mi tiri.

Nella voce ti sento l'insidia.

Ma io ti prenderò nel mio cappio.

(Egli farà un cappio alla sua corda).

mortafredda ti vuole

Lazaro, per la Dio grazia!

Mila di Codra, vendemmia

vuol fare con te, quest'ottobre.

Acconciate già son le sue tina.

L'uva vuol pigiare con te

Lazaro e azzuffarsi col mosto.

 

(Si avanzerà verso la donna ridendo bieco. Mila si terrà pronta a sfuggirgli. L'uomo la incalzerà. Ella balzerà di qua e di , ma senza scampo).

 

MILA: Non mi toccare! Abbi vergogna.

Il tuo figlio è dietro di te.

 

 


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