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Le figlie faranno l'atto di sostenerla trepidando. Ella le guarderà attonita.
SPLENDORE: Madre cara, ti sei levata. Forse
ti bisogna qualcosa, un sorso almeno
di vin moscato, un po' di cordiale?
FAVETTA: E screpolato t'è il labbro tuo caro
dalla secchezza. Vuoi che ti si bagni?
ORNELLA: Mamma, fa cuore. Siamo qui con te.
Alla prova più trista Iddio ti chiama.
CANDIA DELLA LEONESSA: E d'una tela viense tanta trama
e d'una fonte viense tanto fiume
e d'una quercia viense tante rame
ORNELLA: Mamma, la fronte ti coce. Oggi è un tempo
che fa afa; e t'è grave questo panno.
Tutto in sudore t'è il tuo caro viso.
MARIA CORA: Gesù Gesù, che non esca di senno!
LA CINERELLA: Vergine, che il farnetico le passi!
CANDIA: È tanto tempo che non ho cantato,
non so se la ritrovo l'aria mia.
Ma oggi è venardì e non si canta;
il Signore s'è messo in penitenza.
SPLENDORE: O madre mia, dove sei con la mente?
Guardi e non ci conosci! Qual pensiero
ti trae? Misere noi, che è mai questo?
CANDIA: Questo è il pianeta, e questo è il Sacramento,
e questo è il campanile di San Biagio,
e questo è il fiume e questa è la mia casa.
Ma chi è questa che sta su la porta?
(Un terrore sùbito assalirà le giovanette. Si discosteranno alquanto a riguardare la madre, e gemeranno sommesse).
ORNELLA: Ah, sorelle, sorelle mie, perduta
l'abbiamo! Anche la madre nostra abbiamo
perduta! Escita è di senno, vedete.
SPLENDORE: Sventura nostra! Maledette siamo
da Dio. Siamo rimaste sole in terra!
FAVETTA: O donne, buone parenti, scavateci
la fossa accanto a quell'altra, e metteteci
tutte e tre giù, così come siam vive.
FELÀVIA SÈSARA: No, non isbigottite, creature;
ché la percossa le ha riversa l'anima,
l'ha risospinta nel tempo di già.
Lasciatela che svaghi; e poi ritorna.
ORNELLA: Madre, mi senti? Dove vuoi andare?
CANDIA: Il core ho perso d'un dolce figliuolo,
or è trentatre giorni, e non lo trovo!
L'hai tu veduto, l'hai tu riscontrato?
- Io sul Monte Calvario l'ho lasciato,
i' l'ho lasciato sul Monte distante,
l'ho lasciato con lacrime e con sangue.
MARIA CORA: Ah, dice l'ore della Passione.
FELÀVIA SÈSARA: Lasciatela, lasciatela che dica.
LA CINERELLA: Lasciatela, che il cuore le si scarichi.
MÒNICA DELLA COGNA: O Madonna del Santo Venardì,
miserere di lei. Ora pro nobis.
(Le donne del parentado s'inginocchieranno pregando).
CANDIA: Ecco e la Madre si mette in cammino,
viene alla vista del suo dolce figlio.
- O madre, madre, perché sei venuta?
Tra la gente giudea non v'è salute.
- Portato un braccio t'ho di pannolino
per ricuoprirti il tuo corpo ferito.
- Deh portato m'avessi un sorso d'acqua!
- Figlio, non so né strada né fontana;
ma, se la testa un poco puoi chinare,
una goccia di latte io ti vo' dare;
e, se latte non esce, tanto spremo
che tutta la mia vita esce del seno.
- O madre, madre, parla piano piano...
(Ella s'arresterà per qualche attimo nella cadenza; poi griderà d'improvviso, con una voce disperata).
Madre, madre, dormii settecent'anni,
settecent'anni; e vengo di lontano.
Non mi ricordo più della mia culla.
(Colpita dal suo stesso grido, ella si guarderà intorno sgomenta, come risvegliandosi di soprassalto. Le figlie correranno a sostenerla. Le donne si leveranno. Si udrà più presso il rullo del tamburo allentato).
ORNELLA: Ah come trema, come trema tutta!
Ora vien meno. Più non regge l'anima.
Da due giorni è digiuna, e si svanisce.
SPLENDORE: Mamma, chi parla in te? Chi senti tu
dentro parlarti, dentro le tue viscere?
FAVETTA: Dacci udienza, poni mente a noi,
guardaci in viso. Siamo qui con te.
FEMO DI NERFA (dal fondo): Donne, donne, è qui presso con la turba.
Lo stendardo ora passa la cisterna.
Portano anche l'Angelo coperto.
(Le donne si aduneranno sotto la quercia a guatare verso il sentiero).
ORNELLA (a gran voce):Madre, ora viene Aligi, viene Aligi
a pigliar perdonanza dal tuo cuore,
dalle tue mani. Svégliati e sta forte.
Maledetto non è. Col pentimento
il sacro sangue sparso ei lo riscatta.
CANDIA: È vero, è vero. Con le foglie trite
fu ristagnato il sangue che colava.
«Figlio Aligi» gli disse «figlio Aligi,
lascia la falce e prenditi la mazza;
fatti pastore e va su la montagna».
E fu guardato il suo comandamento.
SPLENDORE: Hai bene inteso? Il figlio Aligi arriva.
CANDIA: E alla montagna deve ritornare.
Come farò? Le sue camicie nuove
non ho finito di cucirgli, Ornella!
ORNELLA: Madre, andiamo. Fa questo passo. Vòlgiti.
Aspettarlo bisogna innanzi casa.
Donàmogli commiato, a lui che parte.
E poi ci colcheremo tutte in pace,
a fianco a fianco, nel letto di giù.
(Le figlie ricondurranno la madre sotto il portico).
CANDIA (tra sé mormorando): Io mi colcai e Cristo mi sognai.
Cristo mi disse: «Non aver paura».
San Giovanni mi disse: «Sta sicuro».
IL CORO DELLE PARENTI: - Oh che turba di gente viene dietro
lo stendardo! Vien tutta la contrada.
- Iona di Midia porta lo stendardo.
- E che silenzio, come a processione!
- Ah che pietà! Sul capo il velo nero.
- Le ritorte di legno alle sue mani,
come pesanti, grosse come un giogo!
- E col càmice bigio e i piedi scalzi.
- Ah chi ci regge? Io metto faccia in terra
e chiudo gli occhi, e non voglio vedere.
- Lonardo della Roscia porta il sacco
di cuoio; Biagio Gudo, il can mastino.
- Mettetegli nel vino un po' di ràdica
di solatro, che perda il sentimento.
- Cocetegli nel vino erba morella,
ch'esca della memoria e non s'accorga.
- Va, Maria Cora, che sai medicina,
aiuta Ornella a fare il beveraggio.
- Grande il misfatto ma grande il patire.
- Ah che pietà! Guarda la gente, come
è muta! Viene tutta la contrada.
- Han lasciato le vigne in abbandono.
- Oggi uva non si coglie. Anco la terra
è a lutto. Chi non piange? Chi non piange?
- Guarda Vienda. Pare in agonia.
- Meglio per lei, che ha perso conoscenza.
- Meglio per lei, se non ode e non vede.
- Ahi, che destino amaro! Or è tre mesi
che venimmo portando le canestre.
- E il male che verrà, chi lo misura?
- Non vi saranno lacrime per piangere.
FEMO DI NERFA: Silenzio, donne! Silenzio! Ecco Iona.
(Le donne si ritrarranno verso il portico. Si farà gran silenzio).
LA VOCE DI IONA: O vedova di Lazaro di Roio
o gente della casa sciagurata,
all'erta, all'erta! Viene il penitente.