Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'innocente
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Il pensiero della gita a Villalilla mi occupò per tutto quel giorno e pel giorno seguente, di continuo. Non mai, credo, l'attesa dell'ora stabilita pel primo convegno con un'amante mi aveva data un'ansietà così fiera. «Cattivi sogni, cattivi sogni, soliti effetti dell'esser allucinato!» io giudicavo le angosce del sabato tristo: con una straordinaria leggerezza d'animo, con una volubilità obliosa, posseduto interamente dalla pervicace illusione che scacciata ritornava e distrutta rinasceva sempre.

Lo stesso turbamento sensuale del desiderio concorreva ad oscurare la conscienza, a renderla ottusa. Io pensavo di riconquistare non l'anima sola di Giuliana ma anche il corpo; e nella mia ansietà entrava una parte di orgasmo fisico. Il nome di Villalilla suscitava in me ricordi voluttuosi: ricordi non di mite idillio ma di passione ardente, non di sospiri ma di gridi. Senza accorgermene, io avevo forse acuito e corrotto il mio desiderio con le imagini inevitabili generate dal dubbio; e portavo in me latente quel germe venefico. Infatti, sino allora in me era parsa predominante la commozione spirituale, ed io, aspettando il gran giorno, m'ero compiaciuto in puri colloquii fantastici con la donna da cui volevo ottenere il perdono. Ora invece non tanto vedevo la scena patetica fra me e lei quanto la scena di voluttà, che doveva esserne conseguenza immediata. Il perdono si mutava in abbandono, il bacio trepido su la fronte in bacio cupido su la bocca - nel mio sogno. Il senso sopraffaceva lo spirito. E a poco a poco, per una eliminazione rapida e inarrestabile, una imagine escluse tutte le altre e m'occupò e mi signoreggiò, fissa, lucidissima, esatta nelle minime particolarità. «È dopo la colazione. Un piccolo bicchiere di Chablis è bastato a turbare Giuliana che è quasi un'astemia. Il pomeriggio si fa sempre più caldo; l'odore delle rose, dei giaggioli, dei fiori di lilla si fa violento; le rondini passano e ripassano con un gran garrire assordante. E siamo soli, ambedue invasi da un tremito interiore insostenibile. E io le dico, a un tratto: - Vuoi che andiamo a rivedere la nostra stanza? - È l'antica stanza nuziale che ad arte io ho tralasciato di aprire nel nostro giro per la villa. Entriamo. C'è, dentro, come un cupo rombo, lo stesso rombo che pare sia in fondo a certe conchiglie sinuose; e non altro è che il rumore delle mie vene. Ed ella anche forse ode quel rombo; e non altro è che il rumore delle sue vene. Tutto il resto è silenzio: pare che le rondini non garriscano più. Io voglio parlare; e, alla prima parola rauca, ella mi cade fra le braccia, quasi svenuta...»

Questa rappresentazione fantastica si arricchiva di continuo, si faceva più complessa, simulava la realità, raggiungeva una evidenza incredibile. Io non riescivo a contenderle il dominio assoluto del mio spirito, pareva che risorgesse in me l'antico libertino, così profondo era il compiacimento che io provavo a contemplare e ad accarezzare l'imagine voluttuosa. La castità mantenuta per alcune settimane, in quella primavera così fervida, produceva ora i suoi effetti nel mio organismo ristorato. Un semplice fenomeno fisiologico mutava completamente il mio stato di conscienza, dava una piega completamente diversa ai miei pensieri, mi trasformava in un altro uomo.

Maria e Natalia avevano mostrata la voglia di accompagnarci nella gita. Giuliana avrebbe voluto consentire. Io mi opposi; adoperai tutta la mia abilità e la mia grazia per raggiungere lo scopo.

Federico aveva proposto: - Martedì io debbo andare a Casal Caldore. Vi accompagno in carrozza sino a Villalilla: voi vi fermate e io proseguo. Poi, la sera, ripassando, vi riprendo in carrozza; e torniamo insieme alla Badiola. - Giuliana, me presente, aveva accettato.

Io pensavo che la compagnia di Federico, almeno nell'andata, non sarebbe stata inopportuna; mi avrebbe anzi tolto da una certa perplessità. Infatti: di che avremmo discorso, se fossimo stati soli, io e Giuliana, in quelle due o tre ore di viaggio? Quale attitudine avrei presa verso di lei? Avrei potuto anche guastare le cose, compromettere il buon esito, o almeno togliere la freschezza alla nostra commozione. Non avevo sognato io di ritrovarmi d'un tratto con lei a Villalilla, come per una magia, e di rivolgerle quivi la mia prima parola tenera e sommessa? La presenza di Federico mi avrebbe dato il modo di evitare i preliminari incerti, i lunghi silenzii tormentosi, le frasi proferite a bassa voce per riguardo agli orecchi del cocchiere, tutte insomma le piccole irritazioni e le piccole torture. Noi saremmo discesi a Villalilla, e , soltanto , ci saremmo ritrovati finalmente l'uno a fianco dell'altra, d'innanzi alla porta del paradiso perduto.

 

 


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