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V
Poi disparve: qual dea. Sotto i segreti
pioppi io l’attesi, vigilando in vano
se tra i fochi del vespro pe’ i canneti,
come un giorno, cantasse di lontano.
Bevvero altri amatori, altri poeti
il grande effluvio del divino e umano
fiore? O il fior si disciolse ne le spume
misteriose del natale fiume?
Io non so; né saprò. Ma la verdura
dove io primo l’amai, dove sommessa
io l’ebbi ignuda a me tutta, la pura
forma dei lombi e de le reni impressa
ritenne, come se per avventura
una statua d’oro tra la spessa
erba fosse rimasta ivi abbattuta
da tempo antico. E in quell’impronta muta,
in quel vestigio di bellezza io, steso
immobilmente come in una bara,
sentii vivere ancor sotto il mio peso
la terra, udii fluir ne la Pescara
l’onda e la pace. E dal mio sangue acceso
la tua potenza rifioriva, o Nara,
come oggi, in larghi versi che per l’aria
si perdevan ne l’ora solitaria.