Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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Eleganze

Il sangue de le vergini 35.

I

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I

Come su gli altipiani di Cheresto rinacque

il sole e prima emersero nel rossore i querceti

con un gioioso fremere, vennero in torma a le acque

de ’l fiume le fanciulle di Cube, a i consueti

lavacri. Discendeano ilari per la china,

e cantavano; ed era quale un canto di uccelli.

Non le vesti coprivano le forme. Una ferina

agilità di muscoli rompevasi per quelli

alti sottili bronzei corpi di cacciatrici.

Ne ’l crescente splendore discendeano cantando.

Il sol dietro feriva le lanose cervici

e le reni falcate de le barbare, quando

luccicò tra le rocce il fiume, il patrio fiume,

purissimo, di forza datore, a cui di cani

e di cavalli offrivano tanti, come ad un nume,

sacrifizi i Cubiri.

Ora giunse le mani

sovra il capo ed in arco le membra tese Chiva

de le vergini prima. Alto era ne le sponde

silenzio e ne ’l felice azzurro ove saliva

il naturale tempio de le rocce infeconde.

Risonarono a l’urto di quelle membra l’acque;

e ad una ad una tutte irruppero ne i voli

le compagne. Emergeano ilari su da l’acque,

vergini violate da’ fierissimi soli;

rideano, suscitando ne gli antri gli echi; e vana

facean siepe de i petti fermi a la correntia.

Gorgogliavano gelide contro la siepe umana

l’acque, senza ira; dolci seguitavan la via

dechinante, e la terra de gli Olmecchi guerrieri

prendeano.

E come allora non lungi, tra i pascenti

cavalli, su l’avversa riva giovini arcieri

oziavano (gli archi su ’l terreno giacenti

splendean simili a i corni de la luna), gli orecchi

tesero, sovra i cùbiti erigendosi, quali

fiere odoranti preda, i belli arcieri Olmecchi

e ne l’animo novi agitarono mali

a i Cubiri.

O di cerve lunghi saettatori

proruppe un d’essi, in piedi sorgendo; e una rapace

gioia ne gli occhi ardeagli. — Udite! —

Alti i clamori

feminili su ’l vento giungevan ne la pace

de l’ora.

Udite, udite! Una preda gioconda

oggi ne manda il padre Fiume, contro a i nemici

Cubiri. Udite i gridi che fan presso la sponda

le fanciulle. E son élleno fortissime amatrici,

di sen ferme, lunate gli òmeri. Ne la pietra

erta è un sentier che reca al bagno: io sarò duce.

Or seguitemi. —

Disse; e tolse a la faretra

un sol dardo che in pugno diede un guizzo di luce.

Gioirono i feroci sagittarii, e da terra

sorsero tutti, e tutti lasciarono il pesante

arco ed unico tolsero un dardo, poi che a guerra

facile andavano.

Ora fendeva la natante

schiera, secura, le acque. In torno i massi immensi

ne la magnificenza de ’l sol pieno illustrati

sorgevano ed a l’imo pènduli con intensi

riflessi tremolavan ne ’l fiume. De gli agguati

ignare le fanciulle godevano il diletto

salùbre, con la forza de le braccia vincendo

taluna il corso, e tal altra porgendo il petto

inerte a ’l defluire, e tal altra sorgendo

a mezzo il ventre, bronzea, in sua fiera bellezza.

D’improvviso — Tu strepito non odi? — chiese Chiva.

Sostarono, in ascolto; ma non diede la brezza

segno.

Ed ecco, in un lampo, da i massi de la riva

irruppero gli arcieri Olmecchi a la rapina

ne l’acque ed a veloci cùpidi inseguimenti

nuotarono, e le mani su la preda vicina

anelando protesero. Davano le fuggenti

in grida; riluttavan, raggiunte, prese a i fianchi,

trascinate a la riva; e te, o padre Fiume,

deprecaron, se mai prima avean cento bianchi

cavalli, o Fiume padre, immolato a ’l tuo nume.

Né in vano deprecarono. Però che l’alte voci

udirono i Cubiri da lungi, e su le vette

de la roccia comparvero lesti, come feroci

aquile. Grande l’ira bolliva, a le vendette

chiamando; e risonavan ne i pugni lor le immani

aste, gli archi da gli òmeri. Ma ristettero incerti

un attimo: i nemici avvinceano con mani

ferree la preda e stavano da la preda coperti

lottando.

A te, o padre Fiume, il buon sangue verso

de le vergini! — primo gridò tendendo il forte

arco Sabibli. Acuto fischiò il dardo; e sommerso

cadde un nemico; e a presso altri colse la morte,

e ne la morte seco quelli traean la viva

preda a l’imo. Seguivano, in cuor tristi, gli armati

la strage. De gli Olmecchi cinque preser la riva,

ma ratto li confisse ivi con cinque alati

dardi Sabibli. Due de le vergini a pena

rompeano l’acque, ansanti quali cerve ferite,

ne ’l terror de la morte; e tingean di una vena

sanguigna l’acque. Tesero le braccia irrigidite

a gli accorrenti, ed ultime disparvero.


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