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II
Fu questo
E come fulva
la gran faccia del sole da i boschi di Cheresto
guardò fino a gli estremi verdi piani di Athulva,
corse per tutti i popoli, di qua, di là da ’l fiume,
il grido, ed accorrevano a quel grido i guerrieri.
Ma il Superno, il Possente, il benefico Nume
de la Vita, il Felice, discese da gli imperi
de l’aria a la pianura. E su ’l confin roccioso,
dominando lo spazio, teneasi con la enorme
figura in contro a ’l sole, fulgido e maestoso,
mentre correva un tremito dentro la roccia informe.
Ed a lui, che benigno riguardava, su ’l vento
i clamori dei popoli giungean come un lontano
rombo. Or fremeano sotto in cupo ondeggiamento
le querci; ed ei, Signore de la Forza, con mano
terribile ne svelse mille da le radici,
e le mille in un fascio strinse, ed il fascio immenso
incendiò. Salivano le fiamme annunziatrici
per l’aria dolce; e il fumo era quale un incenso,
un pacifico incenso che fluttuava a spire
lente, candide, molli, come piume di cigno
turbinanti. Vedevano i popoli salire
la colonna di pace ne ’l mattino sanguigno.
Era questo il Segnale. E dissero i vegliardi
additando: — Si leva alto ne le quiete
lontananze un vapore; e là, dove gli sguardi
non giungono, si perde. O guerrieri, vedete?
È il benefico Nume de la Vita, il Felice,
che scende a la pianura, e nel mattin vermiglio
dà con le mille querci il gran Segnale. Or dice:
«Io tutti oggi voi chiamo, guerrieri, a ’l mio consiglio.» —
Allora da le valli di Cube, da le valli
di Athulva, da i querciosi di Cheresto altipiani,
da i prati fluviali ove a torme i cavalli
pascono, e da le rive de i laghi, e da i lontani
culmini de le rocce, da gli estremi rifugi,
da le scure caverne ove il ferro e l’argento,
tutti i guerrieri, tutti, vennero senza indugi,
guidati dal gran Segno, a ’l divin parlamento.