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III
E stavano i guerrieri ne l’immensa pianura.
Splendevano i colori de la guerra, gli atroci
simboli, su le fronti; maculavan l’oscura
pelle de i seminudi. L’odio per cui feroci
tutti gli esseri pugnano, l’odio grande e immortale
che arde il sangue de gli uomini, mettea ne’ loro cigli
un foco. Ed era l’odio il terribile male
che avean da i primi padri ereditato i figli.
Ora il Nume felice de la Vita, il Possente,
contemplò senza sdegno quel vasto gregge umano.
Un sorriso pietoso gli movea lentamente
la bocca, quando stese la pacifica mano
da l’alto sovra i popoli, dominando i clamori.
Scendea dolce la pace da quell’ombra, e un giocondo
senso invadea le vene così pe’ i lunghi ardori
nel silenzio, l’eloquio de ’l Nume parve un cupo
rimbalzar di valanghe quando sopra le bande
vinte ondeggiò. Fumavano ancòra su ’l dirupo
i tronchi; e il Nume ergeasi mite, fulgido e grande.
— O miei poveri figli ebri d’odio e di guerra, —
disse il Nume; e porgeano tutti l’animo intento —
oggi vi parla il Padre, quei che a la vostra terra
diede il bove e il cavallo, l’oro, il ferro e l’argento.
Ei benigno moltiplica la ricca selvaggina
ne i boschi, e a ’l cacciatore mostra la buona traccia.
Voi perché, male usando la forza, di rapina
vivete e senza tregua date a l’uomo la caccia?
I pesci empiono i laghi, gli stagni e le riviere;
i volatili passano ne l’aria a immense torme;
i metalli celati in fondo a le miniere
giacciono, ed il terreno ha una virtù che dorme.
Il terreno ha una sacra virtù prolificante,
come le vostre femmine, in grembo chiusa. Or date
la semenza a ’l terreno, figli; e le nuove piante
germineranno in alto felici, alimentate
da ’l Sole. I padri Fiumi, ne le miti stagioni,
traboccano da gli argini inondando le valli.
Porteranno abondanza le pingui alluvioni.
Or date in sacrifizio cani e bianchi cavalli.
Non più gli odii. Non versi l’uomo da una ferita
il sangue: dolce il sangue fluisca ne le vene
de l’uomo, pullulando da i fonti de la vita,
come va per la quercia il succo. A le serene
fatiche rida il giorno; s’oda pe’ i coltivati
piani lenta salire la vegetazione
fiorente, e l’uomo ascolti, e n’abbia gioia, e i grati
occhi a ’l Sole rivolga, poi che tutte le buone
gioie a i coltivatori dà il Sole. Or prenda cura
anche del bove l’uomo, del mammifero tardo
che ha il piede fesso; e largo sia d’acqua e di pastura
a la mansuetudine del bove che gagliardo
è ne la sua fatica e carne ha salutare.
Ed anche prenda cura de la pecora, poi
che de ’l lanoso vello ei può con mani industri
compor veste a ’l suo corpo, tepido strato a’ suoi
Or su, figli, voi fiumani e voi lacustri,
voi de l’arida rupe, voi de la prateria
irrigua e voi de ’l mare salino, tutti figli
del Gran Padre, obliate le vendette! Non sia
la vergine cagione d’odio eterna. Gli artigli
non ponete su lei sempre come su preda
selvaggia. Partoriscavi ella gran prole. Doni
recate a la novizia madre larghi. Ch’io veda
da ’l suo ventre inesausto le generazioni
propagarsi, in un ordine non interrotto, sane
e belle e innumerevoli, così che si trasfonda
di vena in vena un sangue puro e ne le lontane
età sempre più puro scenda e di più gioconda
virtù. Recate doni a la madre e a l’altare!
Ed or ne’ rivii colori di guerra
lavate da la fronte. E ch’io vegga brillare
i fuochi de la pace su la comune terra! —
E i guerrieri, gittando faretre, archi, saette
su la terra, ne i rivi si tergeano la fronte.
I rivi travolgean ne l’oblìo le vendette;
e il Nume de la Vita, il Felice, da ’l monte
sorrideva a i guerrieri, come il padre ai suoi figli.
Poi, dinanzi a gli attoniti, risalì, ne l’intenso
conflagrar del tramonto, tra i vapori vermigli,
su per l’erta de i cieli, bello, fulgido, immenso.