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VIII
Quando io mi adagio, tristo e sonnolente,
poi che più nulla al fine ora m’illude,
a marcir come un sughero cadente
una forma di donna lentamente
da la fredda ombra come un fior si schiude,
e sorge a l’alto; ed il gran fior vivente
mi raggia il lume de le membra ignude.
Io sollevo la fronte: ne ’l torpore
un insensato d’odio impeto immane
mi soffoca, d’infranger quella muta
forma, quella pietosa erma d’amore
che solitaria a contemplar rimane
la selva de’ miei venti anni abbattuta.