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II 50
Noi andavamo. — Ah, senti, senti i merli fischiare —
ella disse, fermandosi. Da ’l ciel crepuscolare
discendeva su i rami la nebbia violetta;
lentamente. D’un tratto, dietro l’ultima vetta
scomparve, in fondo a ’l lago de le nuvole, il sole.
Allora fu una molle cascata di viole
ne l’aria: un solco d’oro s’apriva basso; rotto
il bagliore su i culmini indugiava; di sotto
a i culmini illustrati, già ne l’assopimento
grave i tronchi annegavano; ne lo scoloramento
de la sera le cose perdevano le forme.
Le viole cadevano; era una pioggia enorme.
Tutto il bosco, un istante, parve a la mia vista
una maravigliosa foresta di ametista
che risplendeva; e Yella parve la maga. Eretta
fra l’erba, ella sentiva la nebbia violetta
avvolgerla; ed a l’ultima luce crepuscolare
ella diede li addii, con un alto cantare.
Ella cantava stretta a ’l mio fianco. Una ciocca
de’ suoi capelli a tratti mi sfiorava la bocca;
e allor come un profumo strano di cosa viva
m’irritava le nari avide, mi saliva
pe ’l capo. Io le guardai la gola palpitante
a ’l ritmo de le note, bianca bianca.
Le piante
Or vanivan d’in torno le nebbie di viola
ne l’aria; una penombra dolce velava l’aria,
e su da la foresta profonda e solitaria
sorgevano le voci de le cose, li odori
de le cose. Pareva, non so, come da i fiori,
da le foglie, da l’erbe un sogno vegetale
salisse e si spandesse, grande e soave; quale,
non so, da le dormenti acque a l’alba un vapore,
insensibile: un sogno di foresta in amore
ch’io respirava.
— O Yella — susurrai. Mi sentivo
languire; ed il suo braccio seminudo, il suo vivo
braccio di marmo, avvinto a ’l mio, m’insinuava
come un vellicamento fievole. Ma cantava
ella; ma ne ’l suo corpo di vergine non anche
fluiva il dolce tossico de ’l disìo; ma le bianche
virginità de ’l petto non avevano pure
un anelito.