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VI
I 59
Ancora io t’odo su la riva, o Nara,
tra le selve de’ giunchi e de’ canneti
chiamar con le canzoni agile a gara
le cicale de’ pioppi, ne’ quieti
mezzogiorni di giugno! La Pescara
gorgogliava freschissima pe’ i greti:
cantando, il piede breve e la rotonda
gamba tenevi tu, Nara, ne l’onda.
pieno d’erbe aromatiche e di more,
ove di quella voce alta a li squilli
si destavan le capre da ’l sopore
e guatavan co’ lunghi occhi tranquilli
in atto di pigrizia e di stupore,
o bosco, ed or tu dammi ne le ottave
l’aura de la tua verde ombra soave!
In questa siccità di mezzogiorno
un disìo de la dolce acqua nativa
mi prende. Ora verdeggia ampia d’in torno
Villa Borghese; ed io su l’erba estiva
mi distendo supino, ed un ritorno
le memorie; e non mai così da prima
larga, sonante mi fluì la rima.
Tu, Nara, dove sei, florida bionda
da la pelle bronzina di mulatta,
che avevi grigia l’iride profonda
e una stupenda agilità di gatta?
Tu non più ritta in piedi su la sponda
vedi a l’alba passar me su la chiatta
in mezzo a ’l fiume, tra ’l rabbrividire
de le canne tendenti a rifiorire!
Te non più camminante, tra un fogliame
di cocomeri e zucche aspro ed enorme,
io vedo, con un’anfora di rame
su ’l capo, ne ’l terreno imprimer l’orme
de ’l nudo piè! Tra i fumi de ’l letame
più non vedo vanire le tue forme,
o te diritta emerger fra le piante
de i girasoli, come un fior gigante!