Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Intermezzo
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Intermezzo di rime [Editio princeps, 1883]

VI Venere d’acqua dolce

I 59

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VI

Venere d’acqua dolce

I 59

Ancora io t’odo su la riva, o Nara,

tra le selve de’ giunchi e de’ canneti

chiamar con le canzoni agile a gara

le cicale de’ pioppi, ne’ quieti

mezzogiorni di giugno! La Pescara

gorgogliava freschissima pe’ i greti:

cantando, il piede breve e la rotonda

gamba tenevi tu, Nara, ne l’onda.

O selvatico bosco di Fusilli

pieno d’erbe aromatiche e di more,

ove di quella voce alta a li squilli

si destavan le capre da ’l sopore

e guatavan colunghi occhi tranquilli

in atto di pigrizia e di stupore,

o bosco, ed or tu dammi ne le ottave

l’aura de la tua verde ombra soave!

In questa siccità di mezzogiorno

un disìo de la dolce acqua nativa

mi prende. Ora verdeggia ampia d’in torno

Villa Borghese; ed io su l’erba estiva

mi distendo supino, ed un ritorno

naturale di versi mi ravviva

le memorie; e non mai così da prima

larga, sonante mi fluì la rima.

Tu, Nara, dove sei, florida bionda

da la pelle bronzina di mulatta,

che avevi grigia l’iride profonda

e una stupenda agilità di gatta?

Tu non più ritta in piedi su la sponda

vedi a l’alba passar me su la chiatta

in mezzo a ’l fiume, tra ’l rabbrividire

de le canne tendenti a rifiorire!

Te non più camminante, tra un fogliame

di cocomeri e zucche aspro ed enorme,

io vedo, con un’anfora di rame

su ’l capo, ne ’l terreno imprimer l’orme

de ’l nudo piè! Tra i fumi de ’l letame

più non vedo vanire le tue forme,

o te diritta emerger fra le piante

de i girasoli, come un fior gigante!


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