Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Intermezzo
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Intermezzo di rime [Editio princeps, 1883]

VI Venere d’acqua dolce

V

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V

Poi disparve; qual dea. Sotto i discreti

pioppi io l’attesi, vigilando in vano

se tra i fochi de ’l vespro pe’ i canneti,

come un giorno, scendesse di lontano.

Ebbero altri amatori, altri poeti

il profumo d’amor di quell’umano

fiore? O il fior de le membra ne le spume

misteriose de ’l nativo fiume

si disciolse? — io non so. Ma la verdura

dove io primo l’amai, dove sommessa

ella si diede a me tutta, la pura

forma de i lombi e de le reni impressa

ritenne, come se per avventura

una statua di bronzo tra la spessa

erba abbattuta già da tempo antico

fosse rimasta. Ed in quell’impudico

segno d’amore e di piacere io steso,

quale un corpo di morto in una bara,

sentii crescere ancor sotto il mio peso

i fili d’erba, udii ne la Pescara

correre l’acqua; e da ’l mio sangue acceso

rifiorivano i baci acri di Nara,

come oggi, in molli versi che per l’aria

si perdevan ne l’ora solitaria.


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